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Prefazione al volume di Carlo Zanzi:
“Lam Pak Tung – Padre Adelio Lambertoni, missionario ad Hong Kong”

Ricordo la prima visita che ho fatto ad Hong Kong nel gennaio 1968. I confratelli mi avevano preparato un piano per visitare la missione. Padre Adelio, saputo che non andavo a Saikung dov’era viceparroco, è venuto un giorno a pranzare con noi nella casa del Pime; poi, in moto, mi ha portato nella sua parrocchia per farmi visitare le casette di due villaggi che stava costruendo per i pescatori, attraverso una cooperativa, a nome della quale riusciva ad ottenere aiuti dall’Italia. Mi aveva colpito il suo entusiasmo per quei poveri, quasi totalmente non cristiani, fra i quali si trovava dal 1965. Mi diceva che lui aveva sognato un altro campo di missione, perché pensava di “non essere adatto per Hong Kong”, in quel tempo ritenuta, col Giappone, “una missione per intellettuali. Eppure, aggiungeva, mi sono già innamorato del popolo cinese”. Ho capito che ragionava da vero missionario: dovunque il Signore ti manda, quello è il tuo paese e non puoi evangelizzare il suo popolo se non ti innamori della gente comune, della sua lingua e tradizione, della sua mentalità e dei suoi costumi.

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Ecco, uno dei segni caratteristici di padre Lam (il nome in cinese di Lambertoni era: 林柏棟神父 – romanizzato: Lam  pak tung ). Era un appassionato della vocazione missionaria e dell’evangelizzazione. Sono contento di questo libro e ne ringrazio il giornalista Carlo Zanzi e il suo parroco di Velate don Adriano, perchè ricorda la presenza di Adelio a Velate e nel Varesotto e mette in risalto, fra le altre cose, proprio la simpatia e l’entusiasmo che Adelio suscitava con tutto il suo essere e il suo agire. Le sue qualità umane, oltre alla vita di grazia che era in lui, gli permettevano di trasmettere bene la fede e la passione per l’uomo da cui era animato.

Fra le carte conservate nell’Archivio generale del Pime, trovo la lettera di un gruppo di preti della diocesi di Gorizia, col direttore del Centro missionario diocesano don Giuseppe Baldas (del 14 luglio 2006), che ringraziano per il dono di padre Adelio, conosciuto negli anni 1974-1977, quando, dopo l’uccisione di padre Fraccaro nella parrocchia di Saikung, era stato chiamato dai superiori in Italia. A quel tempo si diceva ad Hong Kong che Fraccaro era stato ucciso ma il vero obiettivo era padre Adelio Lambertoni, salvatosi per caso perchè quella sera non era in casa: aveva dato fastidio a qualche mafia locale cinese col suo impegno per i pescatori e i poveri. I preti goriziani scrivono:

“Abbiamo conosciuto Adelio in occasione della collaborazione fra la diocesi e il Pime, realizzata prima a Gorizia e poi nell’impegno missionario della nostra Chiesa: una stagione bella e grande. Accanto alle forti idealità e al progetto missionario, abbiamo trovato in lui non solo la freschezza dell’entusiasmo, ma anche la profondità della riflessione teologica e pastorale. Egli – con il carisma del Battesimo e del Pime – ci è stato testimone ed ha aiutato noi e la nostra Chiesa diocesana ad allargare i nostri orizzonti alla missione universale, facendoci riscoprire la missionarietà del nostro vivere quotidiano e della pastorale nella ferialità. E lo è stato con la cordialità che gli era propria, con l’apertura d’animo e di intelligenza che lo contraddistingueva, mettendo al primo posto in tutto un alto senso dell’amicizia e della fraternità. Non era facile per lui e non era semplice per noi abbracciare idealità così impegnative nel tempo del dopo Concilio. Adelio ha saputo infondere sostanza e ali a queste scelte, animando con la sua intelligenza un processo complesso e impegnativo”.

Mi pare una testimonianza molto significativa: i preti e la diocesi di Gorizia, lontanissima da Varese e da Milano avevano conservato di lui un ricordo vivo e commosso, quasi trent’anni dopo che padre Adelio era stato a Gorizia per soli tre anni. Un fatto non comune, che si ripete poi anche in varie parti di Hong Kong dove ha lavorato. Era una sua bella caratteristica di missionario generoso e ottimista, allegro e cordiale con tutti.

Ad Hong Kong è ricordato come leader, come guida anzitutto all’interno del Pime e poi nelle parrocchie nelle quali ha esercitato il suo ministero sacerdotale e come uomo impegnato nell’organizzazione di gruppi e associazioni per i diritti dell’uomo. Dal 1965 fino al martirio di Fraccaro Fraccaro nel 1974, di cui padre Lam era viceparroco, ha lavorato soprattutto a Saikung fra i pescatori e i poveri. Dopo l’uccisione di Fraccaro è andato in Thailandia per alcuni mesi, poi tre anni a Gorizia col Pime ed è tornato ad Hong Kong nel 1978, non più a Saikung, ma in altre parrocchie.

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Tornando ad Hong Kong dopo la morte di Mao Tze Tung (9 settembre 1976) quando la Cina incominciava ad aprirsi ed a liberalizzare la sua economia, padre Lam, lavorando da buon prete in parrocchia, si è però interessato subito dei lavoratori, che allora erano sfruttatissimi e negli anni ottanta ha maturato una forte passione per i loro diritti. Collaborando con altre Chiese cristiane e organismi vari, si appellava sempre alla dottrina sociale della Chiesa e perseguiva la formazione, la solidarietà, la giustizia, lo stipendio decente e sufficiente. La mentalità marxista e la dottrina della lotta di classe erano del tutto fuori dai suoi schemi, tant’è vero che Adelio privilegiava sempre il dialogo con il governo e gli imprenditori, senza nessun odio o astio, livore.

Da questa azione sono nati ad Hong Kong i sindacati, praticamente dall’azione dei cristiani organizzati, specialmente cattolici, ma anche di altre Chiese. Nei paesi del Far East (Estremo Oriente), in genere, le organizzazioni dei lavoratori sono nate dai cristiani, così come la presa di coscienza che le donne ormai hanno in misura crescente della loro dignità, come creature di Dio, pari a quella dell’uomo. Quando si parla di missioni cristiane fra i non cristiani (“missioni ad gentes”), non si tiene conto di questi fondamentali e provvidenziali cambiamenti culturali che il cristianesimo ha portato, con la fede e le comunità cristiane, in altri popoli e culture che ne erano privi.

Poi, per Lambertoni, è venuto il tempo dei profughi da Vietnam e Cambogia, che in un primo tempo si rifugiavano ad Hong Kong, il posto di raccolta per l’ONU più vicino a quei paesi martoriati. Però, ad un certo punto, di fronte all’invasione dei profughi, l’Inghilterra ha cambiato politica nei loro riguardi: da rifugiati politici che erano, sono diventati immigrati illegali e finiti in campo di concentramento. E qui padre Lam, in collaborazione con le altre Chiese e con la rete dei gruppi e associazioni che erano nati, danno inizio ad un’altra battaglia politico-sociale in favore dei profughi vietnamiti e cambogiani. C’è stato un periodo in cui questi profughi non erano più ammessi in nessun altro paese d’Oriente, venivano ad Hong Kong e finivano in prigione. Altre campagne d’opinione pubblica e di protesta sono nate dalle organizzazioni create per influsso e con la partecipazione di padre Adelio: per gli “squatters” (baraccati), per “il popolo delle barche” (che viveva sui “sampan”), per i rifugiati dalla Cina che giungevano in modo avventuroso e pericoloso nella colonia inglese rischiando la vita, in difesa delle cameriere, cantanti, donne di spettacolo filippine ormai molto numerose ad Hong Kong. Nell’Archivio generale del Pime esiste una bella documentazione (con documenti e giornali in inglese e cinese) su tutte queste attività di carattere sociale, che attende di essere studiata e utilizzata.

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La brutale repressione del governo cinese dei giovani che chiedevano libertà a piazza Tienanmen a Pechino, il 4 giugno 1989, aveva suscitato ad Hong Kong e in tutto l’Oriente fortissime e negative reazioni. Dopo Mao Tze Tung, sembrava che la Cina avesse imboccato decisamente la strada del libero mercato, della libertà e della democrazia. Invece, quei carri armati nella “Piazza del Popolo” a Pechino, con migliaia di uccisi davanti ai Palazzi imperiali (e decine di migliaia di arrestati e condannati), riportavano il paese-continente a venti-trent’anni prima.

Sia la morte di Fraccaro che la repressione a Tienanmen sono stati punti di svolta nella vita di Adelio: due profonde delusioni, che hanno affossato l’idea, cioè l’illusione che la giustizia nella società umana si possa ottenere con la “coscientizzazione” dei poveri, l’impegno sociale e sindacale, l’organizzazione dei lavoratori, le manifestazioni di protesta contro chi detiene il potere politico ed economico. La fine del maoismo in Cina aveva aperto il paese ad una certa libertà e anche ad HK stavano nascendo tempi nuovi di speranza e di impegno sociale-politico.

Ma nel giugno 1989 padre Lam, come tantissimi altri nella Chiesa ad Hong Kong, toccano con mano questa verità confermata dalla storia: tutte queste cose bisogna farle, ma non sono decisive, non risolvono. Allora gli è apparso più chiaro che quel che risolve è solo il Vangelo, cioè il cambiamento di cultura, di mentalità, di principi educativi secondo il modello di Gesù e delle Beatitudini. Capiva di più il valore sociale, culturale e anche politico del Vangelo: la vera rivoluzione parte non dalla rivoluzione o dalla violenza o dalle leggi giuste o dalla conquista del potere politico, ma dal cuore dell’uomo. E questo può essere cambiato, convertito, solo da Dio che “conosce il cuore degli uomini”.

Era la convinzione di fede che aveva ricevuto come missionario nel Pime e che non l’ha mai abbandonato. Poteva dare all’esterno l’immagine di un uomo impegnatissimo nelle opere sociali, e lo era: non si risparmiava mai, era un combattente nella difesa dei diritti dell’uomo ad Hong Kong; ma il bello di Lambertoni, che non appariva a prima vista, ma che compare nelle sue lettere e nelle sue iniziative, è appunto la sua passione per l’evangelizzazione. Al di là di tutte le sue opere sociali, aveva ben chiaro che il missionario porta il Vangelo, annunzia e testimonia Gesù Cristo ai non cristiani. Padre Bonalumi, missionario ad Hong Kong dal 1989 e dal 2001 al giugno 2007 vicario generale del Pime, conferma: “Sono stato un anno con lui come coadiutore. La sua vera preoccupazione era l’evangelizzazione, cioè far conoscere e vivere il Vangelo, perché diceva: “Il Vangelo, a lunga scadenza perché agisce in profondità educando le coscienze, è la soluzione di tutti i problemi sociali e culturali. Questo per lui era chiaro. Poi era anche un tipo sbarazzino, che amava scherzare, che non ammetteva una fede formalistica e addormentata che sapeva anche prendere amabilmente in giro i tipi benpensanti e tradizionalisti. Ma il cuore della sua vita era il Vangelo, l’amore a Cristo”.

Chiedo a Bonalumi di raccontarmi qualche esempio e dice: “Lam si sentiva missionario di Cristo, quindi la sua missione era far conoscere e amare Gesù a tutti. Allora, nella sua parrocchia, organizzava e animava gruppi di fedeli che lo seguivano, otteneva il permesso dei direttori dei super-mercati in cui passano migliaia di persone e organizzava un discorso con dei canti, degli sketch, soprattutto sotto Natale e Pasqua. Portava dei giovani che distribuivano dei foglietti, con brevi presentazioni di Gesù Cristo e della Chiesa cattolica. Si presentava e diceva: “Io sono il parroco della parrocchia qui vicina, voglio farvi conoscere la religione che vivono i cattolici ad Hong Kong e in tutto il mondo. Se avete problemi spirituali, venite a trovarci” e via di questo passo. Era un bel tipo, attirava simpatia, la gente lo sentiva volentieri, da queste iniziative e altre simili venivano quelli che chiedevano informazioni, andavano a trovarlo, poteva parlare con loro, qualcuno faceva il catecumenato e riceveva il battesimo. Molti portavano via il foglietto e almeno sapevano cos’è la Chiesa cattolica. La passione missionaria di annunziare Cristo ai non cristiani ce l’aveva”.

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Eppure tutta la vita di padre Lambertoni, a rileggerla con occhi umani, può anche essere definita come fallimentare: almeno le sue iniziative più originali e eclatanti, non hanno ottenuto i risultati sperati. E poi, la morte a 66 anni, mentre era nel pieno delle sue forze è il fallimento supremo. La malattia che l’ha condotto alla tomba era stata scoperta nel giugno 1995 e Lam è morto nel marzo 2006. I medici gli avevano predetto fin dall’inizio che poteva vivere ancora 10-20 anni: ne ha vissuti 11. Era un cancro del sangue, una specie di leucemia che lo faceva molto soffrire, ma dei suoi mali non parlava mai.

E’ morto serenamente come il “servo buono e fedele” di cui parla Gesù nel Vangelo e che anche tutti noi siamo chiamati ad essere. Il Battesimo e la Cresima ci danno la forza dello Spirito Santo, che ci vuole testimoni di Cristo, operatori di amore, di giustizia e di pace, facendo semplicemente il nostro dovere, con passione, entusiasmo, spirito di sacrificio, ma senza guardare ai risultati che Dio ci permette o no di ottenere. Ricordando sempre che la vera “missione” del Padre la realizzano Gesù Cristo e lo Spirito Santo. Noi siamo tutti piccoli e poveri “servi inutili”, come il caro e indimenticabile padre Adelio Lambertoni.

Prefazione di Padre Gheddo (2007)

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