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Cari amici di Radio Maria, questa sera voglio raccontarvi la Buona Notizia che anche in un popolo pagano come quello cinese, lo Spirito Santo fa sorgere opere di carità gratuita per gli ultimi della società. Uno dei canti liturgici in latino che ricordo è quello che diceva: “Ubi Caritas, Deus ibi est”, dove c’è la carità, cioè l‘amore gratuito per gli altri, là c’è Dio. Anche nel mondo pagano, anche nella Cina che perseguita i cristiani, Dio è presente e agisce in modo misterioso ma efficace, facendo nascere opere di carità per gli ultimi che sono una preparazione all’incontro con Cristo e col cristianesimo.
Questo è un dato di fatto che ci dà speranza: il protagonista della missione è lo Spirito Santo, che non va mai in pensione e nemmeno in vacanza, non dorme mai. Non possiamo essere pessimisti né sulla Chiesa e nemmeno sulla nostra Italia che ha nel mondo circa 15.000 missionari fra preti, fratelli laici consacrati, suore,volontari in aiuto alle missioni. Un popolo di credenti che è anche missionario, non può perdere la fede. Il nostro ottimismo e la nostra speranza nel futuro della Chiesa sono fondati sulla Fede.
La protagonista di questa buona notizia è la signora Meng Weina che nel 1985 ha fondato una struttura per aiutare le persone handicappate mentalmente, che oggi è diventata, con l’aiuto anche di due missionari del Pime della docesi di Hong Kong, una multinazionale della carità in Cina, accettata e ammirata dal governo che all’inizio l’aveva contrastata. I due padri, Fernando Cagnin e Mario Marazzi testimoniano il Vangelo con la loro vita spesa per gli altri. E’un modo di essere missionari oggi in paesi non cristiani.
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La mia catechesi si sviluppa in tre parti:
1) Meng Weina, pioniera dell’assistenza ai disabili nella Cina comunista.
2) Fernando Cagnin, dal computer ai disabili in Cina.
3) Mario Marazzi, dieci anni in una casa-famiglia per disabili.
I) Meng Weina pioniera dell’assistenza ai disabili nella Cina comunista
Per comprendere bene l’importanza di questa storia, bisogna tener presente che la Cina da più di sessant’anni è un paese ufficialmente ateo, nel quale l’ateismo è insegnato delle scuole, proclamato da giornali, televisione, letteratura e dal Partito comunista cinese che ancor oggi non rinunzia a questa eredità di Mao Zedong. Eppure, anche in questo ambiente, lo Spirito Santo è presente per ispirare tutti i cinesi a fare il bene e fuggire il male e orientarli nell’animo e nel cuore verso Dio e Gesù Cristo, che non conoscono ancora.
La signora Meng Weina, oggi convertita e battezzata nella Chiesa cattolica, da giovane aveva fatto parte delle “guardie rosse” di Mao, aveva studiato, si era sposata poi è rimasta vedova e oggi ha un figlio di 33 anni. Però suo padre, pezzo grosso del Partito comunista cinese, l’aveva educata all’ideale di “servire il popolo”, uno degli ideali diffusi dal Partito che a lei piaceva, però poi si scandalizzava vedendo che i membri del partito e le autorità facevano tutto il contrario. All’inizio degli anni ottanta, quando ebbe il figlio, incontrò famiglie che avevano bambini ritardati, handicappati mentali, spesso li dovevano abbandonare o anche eliminare non dando più loro da mangiare. Meng Weina, donna intelligente e sensibile, capiva che il comunismo non risponde ai bisogni del popolo cinese ed era in ricerca della sua via.
Una premessa: nella società comunista cinese del tempo di Mao, chi era inutile, chi non produceva, non aveva diritto alla vita. Ecco come in Cina avevano risolto il problema dei lebbrosi e di altri ammalati inguaribili. Il comunismo voleva formare l’uomo nuovo, perfetto e quindi i disabili, i matti, i lebbrosi non esistevano, i criminali erano uccisi, ancor oggi la Cina ha migliaia di condannati a morte ogni anno. Quando il 9 settembre 1976 muore Mao Zedong, come suo successore viene eletto dal Partito comunista Deng Xiaoping, un uomo intelligente e di grande saggezza umana che è il vero liberatore della Cina. Mantiene il mito di Mao e la dittatura del Partito sul popolo (quindi assicura stabilità politica e l’unità dell’immensa Cina), ma orienta la politica cinese in una direzione che è del tutto opposta a quella di Mao. Tre rivoluzioni:
1) libero mercato e proprietà privata dei mezzi di produzione, quindi sviluppo economico rapidissimo (oggi la Cina è la seconda potenza economica del mondo!); oggi in Cina l’imperativo è “arricchirsi” e “arricchire la Cina”;
2) libertà di viaggi all’estero per i cinesi, studenti cinesi nelle università più prestigiose dell’Occidente, porte aperte ai turisti stranieri, a tecnici, capitalisti, multinazionali, piena integrazione della Cina nel commercio internazionale;
3) libertà religiosa limitata e condizionata, nel senso che le religioni dipendono dallo stato e debbono essere a servizio dello stato e quindi del Partito comunista che governa la Cina. L’unica religione che non osserva questa regola è la Chiesa cattolica che dipende dal Papa (monarca straniero dicono a Pechino) e quindi è perseguitata.
Bisogna aggiungere che la saggezza umana di Deng Xiaoping gli veniva anche, oltre che dalla sua intelligenza e spirito pragmatico (capiva che l‘ideologia comunista è contraria all’uomo) dall’avere un figlio handicappato motorio (è in carrozzella), che ha avuto tutte le cure necessarie ed è riuscito a raggiungere un posto dirigenziale nella burocrazia statale. L’esempio di Deng Xiaoping ha fatto scuola e a poco a poco il popolo ha capito che era possibile curare i disabili.
“Il mio modello è Madre Teresa”
La signora Meng Weina racconta: “Quando avevo 18 anni, ho finito gli studi e la scuola mi ha mandata a lavorare in una fabbrica di mobili, ma ogni giorno dentro di me sentivo un vuoto mentre fuori di me era pieno di rumore. Cominciai a preoccuparmi del pensiero che una vita passata in quella maniera non era affatto una cosa valida. A lungo andare, la depressione mi portava addirittura al tentativo di suicidio, e fisicamente pesavo meno di 40 kg, volevo fare qualcosa per gli altri”.
All’inizio degli anni ottanta, Meng Weina, provando pietà per i bambini con handicap, ha incominciato a raccoglierli e assisterli, con l’aiuto di altre mamme volontarie come lei e dal cuore buono. Nel 1985 fonda l’associazione “Hui Ling”, che significa “La saggezza dell’anima”, con lo scopo di elevare dal punto di vista materiale, fisico e spirituale, la situazione dei portatori di handicap mentali, offrendo loro varie opportunità per condurre una vita normale avendo un lavoro. La Caritas di Hong Kong si impegna sostenere questa Ong, una delle prime (o forse la prima nella Cina comunista) con lo scopo di aiutare i disabili, che è stata riconosciuta dallo stato nel 1990. Meng Weina non racconta le difficoltà, le umiliazioni, i pericoli che ha corso: aveva un ideale ben preciso ed è andata avanti con decisione, nonostante tutto, e Dio l’ha premiata.
L’ispirazione per fondare Huiling è venuta da Madre Teresa. La stessa Meng Weina racconta: “Nel 1985 lessi un articolo con la notizia del Nobel per la Pace a Madre Teresa, assegnatole sette anni prima. A quel tempo ero una trentenne alla ricerca del senso della vita. L’articolo diceva che il “successo” di quella donna veniva dall’aver servito i poveri. Non sapevo nemmeno che fosse cristiana, ma decisi di prenderla a modello. Madre Teresa mi ha cambiato la vita.
“Ho poi saputo che era cristiana e ho incominciato a leggere alcuni libri sul cristianesimo. Nel 1985 ho costruito una “scuola civica” di educazione per bambini disabili. A quel tempo era una specie di bomba perchè non si poteva fare nulla senza il permesso del governo. Il mio sembrava un gesto anti-governativo e potevo finire male. I miei genitori furono quelli che subirono di più lo shock, perché la persona che non esegue il lavoro assegnatogli dal governo è considerata un ‘malato di mente’, con tutte le conseguenze immaginabili”.
Nell’ottobre 2013, due sacerdoti del Pime che studiano a Pechino, i padri Fabio Favata e Franco Bellati, hanno intervistato Meng Weina nel suo piccolo appartamento di tre stanze più cucinino a Pechino, dove vive con quattro orfani. Racconta: “Dopo la fondazione di Huiling, sono diventata abbastanza famosa in Cina a motivo del mio impegno nel servizio sociale. Lavoravo con chiunque fosse emarginato e avesse bisogno di aiuto: donne, orfani, ciechi, sordi, disabili mentali. Sono apparsa più volte in televisione. C’erano pochi canali televisivi allora ed apparire in un programma nazionale equivaleva quindi a essere conosciuta da tutti. Anche a Hong Kong sono apparsa in televisione. Perfino i giornali del partito pubblicarono articoli su di me”.
Meng Weina dice che ha avuto una forte tentazione: “Potevo approfittare di quella fama, diventando per esempio un funzionario del Partito. La strada sarebbe stata facile, un posto fisso e l’accesso a risorse economiche notevoli. Nel frattempo però stavo leggendo scritti di e su Madre Teresa e sono anche riuscita a vedere un video e un film su questa straordinaria donna. Ho conosciuto come lei serviva i poveri e il modo di operare nel sociale in Occidente. Era chiaro che il criterio era di prestare attenzione ad ogni singola persona, ai suoi diritti e alla sua vocazione personale. Per questo ho avuto la forza di non cadere nella tentazione, scegliendo di percorrere la via difficile, senza sostegno economico e senza sostegno politico, che mi consentiva di rimanere indipendente dalle forze politiche e mantenere gli ideali che avevo imparato dall’Occidente. Ad esempio, mi dava fastidio che il figlio di Deng Xiaoping, anche lui disabile, ha potuto raggiungere grandi risultati nella vita pubblica, mentre tutti gli altri disabili erano ancora ignorati e a volte anche eliminati. Non potevo tollerare questa differenza di trattamento e di possibilità offerte dalla società solo ad alcuni.
“Anche per me sarebbe stato molto facile cavalcare la fama, diventare una potente organizzazione governativa nel sociale, ma non l’ho fatto. Per poter cambiare il sistema sociale e mantenermi libera. Ho scelto la via più difficile e più sofferta. Ci manteniamo con le rette pagate dai genitori e gli aiuti che persone buone ci danno. Ma a volte facciamo fatica a pagare gli stipendi degli operatori. Ma solo così abbiamo sempre la possibilità, la capacità e la libertà di far sentire la nostra voce in difesa dei disabili. La disabilità è creata dalle ingiustizie politiche e sociali”.
Oggi Meng Weina si chiama Teresa
“Per me – continua Meng Weina – Madre Teresa rimane un costante termine di paragone. Anche lei era criticata, molti le dicevano che quello che faceva non serviva a niente, che bisognava lottare, denunciare le ingiustizie per cambiare le politiche sociali. Io credo che Madre Teresa fosse cosciente che i problemi della povertà e la miseria sono legati a politiche sociali non idonee. Ha però scelto di protestare col rumore del servizio, non delle parole. Io invece, anche per il mio carattere, oltre a servire ogni giorno i disabili della mia comunità, non posso tacere i mali della società e del governo. Ognuno ha la sua vocazione”.
Però oggi la signora Meng Weina ha un nome cristiano: Teresa, perché lei stessa ha detto più volte che si è convertita a Cristo grazie agli esempi di Madre Teresa e dice: “In qualsiasi in qualsiasi momento di difficoltà, sia essa materiale che spirituale, io mi rivolgo a Madre Teresa, agli esempi della sua vita e ne traggo ispirazione per affrontare tutti i problemi, sia quelli provenienti da me stessa, che dall’esterno”.
E continua: “Il 5 settembre 1997 Madre Teresa è passata a miglior vita. Ero commossa che volevo dimostrare la mia gratitudine verso di lei. Ho sempre avuto un’istruzione atea, ho sempre esitato di entrare a far parte della Chiesa, la morte di Madre Teresa mi ha dato una spinta. Ho seguito un periodo adeguato di catechismo, sono stata battezzata e sono diventata cattolica nel giorno di Pasqua dell’anno 1998”.
E poi confida la sua passione per il lavoro che sta facendo: “Qualche volta io penso che le mie coetanee sono già in pensione, mentre io lavoro ancora tanto e ho ancora tanti progetti e sogni da realizzare. All’inizio la mia passione per il mio lavoro era forte, ero entusiasta, sognavo ad occhi aperti. Oggi il servizio è diventato come l’aria che respiro. Vivere con i disabili è la mia vita, non è più una cosa straordinaria. La mia vocazione è finalmente diventata la mia vita quotidiana, non è fatta di singoli episodi, ma di una condivisione quotidiana con i disabili”.
Teresa Meng Weina è una cattolica convinta. I due che l’hanno intervistata, le chiedono se lei partecipa alla vita della Chiesa di Cina e Teresa risponde: “Spesso partecipo alla Messa, ma a volte le prediche mi fanno dormire, ma sempre la Parola di Dio è luce e ispirazione per affrontare i problemi quotidiani. Mi piace tutta la Scrittura, perché mi ispira all’agire per il bene. Ero affascinata dall’inno alla carità (1 Cor 13) e cantavo spesso una canzone cinese ispirata a quel passo. Adesso ho scoperto che lo Spirito delle Scritture è importante per tutte le mie scelte”.
Teresa ha fiducia nella Chiesa di Cina che sta crescendo e i padri Franco e Fabio le chiedono: cosa sogna lei per la Chiesa in Cina? Teresa risponde:
“La speranza della Chiesa in Cina è legata a tanti laici che sono ormai cristiani maturi. Anche le molte comunità di suore che sono sorte e hanno iniziato a seguire il nostro esempio sono per me motivo di speranza”. E aggiunge che laici e suore si dedicano alle opere di carità per gli ultimi e hanno ancora bisogno di aiuti dall’estero: “Abbiamo tante difficoltà, io però sono cristiana, e la forza della Risurrezione mi sostiene ogni giorno e non mi fa perdere la speranza”.
Le suore di Madre Teresa vorrebbero venire in Cina a svolgere il loro servizio ma per ora non ne hanno avuto la possibilità. Meng Weina dice: “Sarei contenta se venissero, Ci sono già diverse organizzazioni cattoliche che lavorano nel sociale. Il governo non concede loro il permesso per il loro abito. Forse è una scusa, comunque penso sia un problema che si può risolvere. Se chiedono il permesso, forse il governo non potrebbe rifiutare loro il visto d’ingresso, per non perdere la faccia. Direi alle suore di venire, poichè il servizio ai poveri in Cina e la loro presenza qui sono più importanti del loro abito. Il governo ha solo paura di perdere il potere. Io non appartengo alle suore della Carità, ma sicuramente mi ispiro a loro”.
Nel discorso tenuto ad Albiate (Mi) il 20 ottobre 2013 quando le hanno assegnato il Premio 2013 della Fondazione Vittorino Colombo, Meng Weina ha ricordato che il governo cinese non voleva riconoscere la sua organizzazione privata e proprio in quei tempi Madre Teresa l’ha protetta, ispirata e ha fatto la grazia che il governo approvasse una delle prime o forse la prima associazione privata di carità in Cina.
E continua: “Il premio della Fondazione Vittorino Colombo è stato assegnato a me oggi, ma la gloria è di Madre Teresa, perché è lei che mi ha ispirata a fondare Huiling, che in Cina ha un significato particolare: prima di noi non c’era possibilità di costituire un tipo di servizio come quello che offre Huiling, che oggi è presente in 13 città cinesi. Abbiamo introdotto la mentalità del servizio sociale, abbiamo cambiato i modelli per prendersi cura delle persone diversamente abili, abbiamo proposto la modifica della legge riguardante le persone diversamente abili, mettendo i loro diritti al primo posto. In questi 30 anni, noi siamo stati pionieri nella nostra categoria, lavoriamo concretamente e parliamo ad alta voce. Oggi siamo la più grande organizzazione in Cina di servizio sociale per i diversamente abili.
“Ringrazio il PIME (Pontificio Istituto Missioni Estere), che ci ha assistito nella nostra crescita: nel 1995 il padre Fernando Cagnin è arrivato a Huiling come esperto di informatica; nel 2003, il padre Mario Marazzi è venuto a vivere nella nostra casa famiglia ad oltre 80 anni; nel 2012 il padre Franco Bellati è venuto come volontario. Questo modo di vivere la vita missionaria è una cosa senza precedenti in Cina”.
II) Fernando Cagnin, dal computer ai disabili in Cina
Quando nel 1995 è entrato in Cina padre Fernando Cagnin, che il governo cinese ha accettato come esperto di computer, lo Spirito l’ha fatto incontrare con Meng Weina (non ancora battezzata) e in pochi anni lo Huiling ha avuto un rapido sviluppo, proprio attraverso il computer usato come strumento educativo per i disabili. Su padre Fernando vedere l’articolo di Giorgio Bernardelli su “Mondo e Missione” (febbraio 2014, pagg. 22-24), il mensile missionario del Pime, del quale consiglio l’abbonamento (Via Mosè Bianchi, 94, 20149 Milano – Tel. 02.43.82.01).
Trovare un lavoro per mezzo del computer
Padre Cagnin, nato ad Asti da famiglia veneta nel 1958, prima di entrare nel Pime ha lavorato alcuni anni nel campo della nascente informatica e si è acquistato una notevole capacità tecnica e anche passione e genialità per il nuovo mezzo di comunicazione. Ordinato sacerdote nel Pime nel 1985, è giunto come missionario ad Hong Kong nel 1989, ha imparato la lingua cinese (la variante dialettale “cantonese”) e ha fatto alcuni anni di lavoro pastorale nella parrocchia di Shatin, diocesi di Hong Kong. In quel tempo, la Cina si apriva al turismo, al commercio, al libero mercato e alla modernizzazione e quindi lanciava appelli per avere tecnici di varie materie che entrassero in Cina per lavorare secondo la loro specialità. Fra i missionari del Pime ad Hong Kong maturava l’idea di poter andare in Cina a studiare o essere utili in qualche modo al popolo cinese, dare una testimonianza cristiana e riprendere contatto con la Chiesa che risorgeva dalle catacombe, dai campi di lavoro e dalle carceri.
Nel 1995 i giornali di Hong Kong pubblicano una richiesta di Pechino per avere in Cina esperti di computer e di lingua inglese e cinese. Padre Fernando aveva queste qualifiche e, col permesso del vescovo di Hong Kong e dei superiori del Pime, risponde all’invito ed entra in Cina con un visto di lavoro. Aveva 36 anni e da allora è sempre rimasto in Cina, nella città di Guangzhou (l’antica Canton) lavorando nello Huiling di Meng Weina. Altri missionari sono entrati come interpreti di cinese-inglese, guide turistiche qualificate o come studenti all’università di Pechino.
Padre Fernando racconta: “All’inizio è stato difficile stabilirmi a Guangzhou perchè non trovavo un lavoro adatto alle mie competenze e a contatto con la gente e non in ambiti universitari o di aziende che lavorano per il guadagno. Mi ha aiutato il mio confratello padre Giosué Bonzi, che ad Hong Kong anima una rete di case per handicappati, che mi ha segnalato la signora di Canton. Sono andato a trovarla e ho proposto di aiutarla; sono stato invitato a lavorare a Canton dal dipartimento degli affari esteri per la provincia del Guangzhou e assunto come specialista di computer e di programmi informatici multimediali, soprattutto nel campo dell’educazione speciale e da applicare con persone con disabilità mentale o con autismo.
“La mia proposta di lavoro era una carta vincente, perché la Cina vuole modernizzarsi e accoglie tutti quelli che hanno qualche qualità. Poi ti mette alla prova com’è successo a me. I primi mesi ero continuamente osservato in ciò che facevo e dicevo, per vedere se ero venuto con un secondo scopo. Mi ero proposto di dire sempre la verità e vivevo sotto gli occhi di tutti. Le stesse persone che mi hanno dato il visto sono venute a trovarmi perchè meravigliate dei risultati che si potevano ottenere con i bambini portatori di handicap mentale. All’inizio mi sono preoccupato di insegnare il computer a tutto il personale dello Huiling, di modo che non fosse un lavoro mio, ma un lavoro che incidesse su tutto l’ente e ben visibile all’occhio di chi osserva la mia attività in Cina, per avere il loro giudizio positivo e assicurarmi il rinnovo del visto per una continuità di lavoro realmente efficace attraverso gli anni”.
“Oggi, dopo 18 anni che ho iniziato questo impegno,grazie a Dio si vedono i frutti di un metodo al quale non credeva nessuno o quasi. Quando a Guangzhou hanno visto che con i computer ci sapevo fare ed ero capace di inventare nuovi metodi e applicazioni pratiche nel loro uso, ho ricevuto inviti da banche e aziende. Ma io sono venuto in Cina per dare una testimonianza cristiana e non potevo immaginare di diventare uno dei tanti stranieri che vengono in Cina per arricchirsi. Allora ho capito che la via per trovare un lavoro a giovani e adulti con handicap è proprio quella del computer, una specialità molto richiesta nella Cina d’oggi, specialmente se accompagnata dalla conoscenza anche rudimentale della lingua inglese.
“Nelle case di Huiling si accolgono e si educano bambini e adulti con handicap, ma poi è sempre stato difficile trovar loro un lavoro. All’inizio facevamo fiori di plastica: infilare mille petali per dieci centesimi di Euro! Ma poi hanno trovato dei poveri arrivati da altre province della Cina, che facevano quel lavoro più in fretta e a minor prezzo, lavorando quasi giorno e notte! Si è provato a mandare giovani e ragazze, ben vestiti ma con handicap, a fare le pulizie in palazzi moderni, ma dopo un po’ erano mandati via, davano fastidio. Così è successo con altri lavori.
“Conoscendo a fondo i meccanismi del computer, mi sono ingegnato. Prendo dei computer li trasformo, ci metto dentro giochi educativi, programmi didattici che interessano bambini e ragazzini handicappati, i quali studiano volentieri, giocano e imparano giocando ad usare questo strumento e poi, quando hanno fatto le scuole, trovano un lavoro. Ormai sono centinaia i giovani con handicap sistemati bene a Guangzhou attraverso questo metodo. E poi le altre sedi di Huiling in tutta la Cina riprendono a poco a poco il nostro metodo. Il fatto che numerose persone con handicap siano assunte in aziende moderne come tecnici di computer è conosciuto in tutta la Cina, giornali e televisioni ne parlano, e questo ha contribuito a diffondere lo spirito e l’associazione di Teresa Meng Weina”.
Chiedo a padre Fernando Cagnin se lui è un lavoratore stipendiato e risponde: “Io ho sempre lavorato come volontario, non stipendiato. Però fin dall’inizio ho messo una regola ferrea, per dare valore al lavoro e allo stipendio. I computer che sono nella sede dello Huiling sono parecchi e il computer è un lusso che non tutti possono permettersi. Così, i disabili, piccoli o grandi, possono usare i computer gratis, gli altri e anche i bambini normali che vengono nelle nostre “scuole integrative”, come le chiamiamo (cioè con bambini normali e diversamente abili), debbono pagare una piccolissima quota e, se fanno lavori per l’esterno, mi danno il 20% di quello che guadagnano: così io prendo al mese 260 rmb (ren min bi, la moneta cinese) che equivalgono a circa 30 Euro. E questo è il mio “stipendio”, che naturalmente non mi basta, ma grazie a Dio ho anche benefattori dall’Italia e da Hong Kong.
“Quando sono entrato nello Huiling, ho visto la povertà di questa associazione, allora non ho comperato computer nuovi. Da Hong Kong mi mandano computer vecchi, li porto nel mio laboratorio in un ampio sottoscala, dove lì smonto e li ricostruisco introducendo vari programmi nuovi e poi sono come nuovi. Aggiungo che ad Hong Kong ho tanti amici, specialmente i circa 4.500 cattolici della parrocchia di Shatin nella quale ho lavorato (su 170.000 abitanti di quel territorio), che raccolgono materiale per i poveri e me lo mandano nell’interno della Cina, attraverso la sede regionale del Pime che c’è ad Hong Kong. Anche qui a Canton, quando altri buttano via dei computer, io li prendo, li aggiusto e funzionano”.
“Tutti sanno che sono un prete cattolico”
Quando nell’ottobre 2000 ho visitato a Canton padre Fernando, gli ho fatto la domanda che molti si facevano a quel tempo ad Hong Kong e in Italia: “E’ giusto lavorare materialmente in Cina senza poter fare nessun apostolato diretto? Il missionario è inviato dalla Chiesa fra i non cristiani per fare il primo annunzio di Cristo. Se dà solo una testimonianza di buon lavoratore cristiano, come potrebbe fare un laico, si può ancora chiamare sacerdote missionario?”. E’ una domanda importante, perché oggi, nella missione ad gentes, non sono pochi i sacerdoti missionari in questa situazione, in Cina, e nei paesi dell’islam. Ecco la sua risposta:
“Io volevo restare in Cina e se avessi fatto apostolato, celebrato Messa in pubblico, distribuito Vangeli o libri di preghiere, mi avrebbero mandato via. In Cina non si può nemmeno usare il termine “missionario”. Ho escluso per principio tutto quello che è illegale. Il mio lavoro è accettato dal governo che mi rinnova il visto, sono un volontario e non faccio alcuna azione missionaria. Tutti sanno che sono un prete cattolico e quando mi chiedono se sono un prete dico di sì e se mi chiedono perché non celebro la Messa, dico che non è permesso. Ma prego e celebro la Messa in privato nella stanzetta-sgabuzzino in cui abito. Anzi celebro sempre al mattino ad ora fissa, così tutti sanno che non possono disturbarmi. Non prego mai in pubblico, ma tutti sanno che prego nella mia stanzetta. Non è un segreto, perché la mia stanza è stata per anni un bugigattolo non proprio chiuso al pubblico, da un lato uno scaffale di libri attraverso il quale potevano vedermi in ogni momento e dall’altro una finestra spesso aperta e senza tende né persiane! Alla domenica vado alla Messa in una chiesa o in Cattedrale, ma non celebro in pubblico. A chi mi chiede della mia fede gli dò qualche notizia sommaria, ma poi lo mando dal prete o dalla suora cinesi della chiesa più vicina. In Cattedrale c’è un ufficio apposta per ricevere queste persone.
“Se vuoi vivere e lavorare in Cina devi osservare la legge. E debbo dire che questo mio comportamento è molto apprezzato dalle autorità cinesi e me l’hanno anche detto, poiché tutti sanno che lavoro non per guadagnare denaro, ma per dare testimonianza della mia fede in Gesù Cristo Figlio di Dio, che è il Dio dell’Amore. Mi hanno detto che in una riunione di popolo nel nostro quartiere, si è discusso di me e del mio lavoro e tutti hanno espresso ammirazione per quel che faccio e per i risultati che ho ottenuto e due persone hanno detto: “Lui non lo dice pubblicamente, ma noi sappiamo che lo fa per testimoniare la fede in Gesù Cristo Figlio di Dio”.
Nel 2000 sono stato due-tre giorni con padre Fernando a Canton, abitavo in un alberghetto vicino allo Huiling. Ho visto la sua stanzetta e il deposito-laboratorio dei computer che sta ricuperando. Mi raccontava che ha sofferto molto per inserirsi in quel mondo cinese, povero e dubbioso sul suo metodo di insegnare il computer ai bambini handicappati. Mi diceva: “Non è stato facile farsi accettare, soffrivo molto per la miseria e la ristrettezza degli spazi in confronto con l’abbondanza e gli ambienti moderni di Hong Kong. Pensa che noi dipendenti dello Huiling mangiavamo in piedi, non ci sono tavoli né sedie. Facevo difficoltà a digerire e mi veniva anche la diarrea. Ad un certo punto ho detto: BASTA, perché c’erano molte cose molto semplici da fare, le luci insufficienti, il controllo del gas, ecc. Allora ho fatto venire i miei cattolici da Hong Kong, che hanno sistemato tutto in pochi giorni di lavoro volontario. Non solo, sono partite le adozioni dei bambini in Italia e in America, ho chiesto aiuti alla mia parrocchia di Shatin e alla Caritas di Hong Kong, il centro di Huiling si è modernizzato come vuole il governo cinese”.
La prima casa di Huiling nella quale ancora vive e lavora padre Fernando ha un asilo e una scuola per bambini con handicap e bambini normali: 80 con handicap e 20-30 normali; e vicino la casa per la scuola elementare e il laboratorio per gli adulti che vanno a scuola di computer (una cinquantina con alcuni insegnanti): oppure lavorano al computer per ditte e banche locali; oppure fanno altri lavori di artigianato, biglietti da visita, cuscini ricamati, fiori di carta, ecc. “Il nostro lavoro – mi diceva – ha prodotto una schiera di adulti con handicap che lavorano bene e guadagnano e questo ha prodotto ammirazione e riconoscimenti a tutti i livelli; altri adulti lavorano nella società, uno guida i pullman, l’altro è cuoco, altri sono in una tipografia, sono guariti grazie al laboratorio.
“Io sono molto conosciuto in città e posso raggiungere facilmente le autorità locali di Pechino, vengono giornalisti, radio e televisioni ad intervistarmi, abbiamo incominciato ad aprire case in altre città e oggi lo Huiling è presente in 13 città della Cina, con molte più case. A Canton ne abbiamo una decina a Pechino poco meno. Io sono sempre e solo lo specialista dei computer, ma tutti sanno che sono un prete italiano che ha fatto tutto questo per la fede in Cristo, Figlio di Dio che è Amore, come io dico sempre quando ne ho la possibilità”.
Le tre qualità per lavorare in Cina
Nel 2000, con padre Fernando Cagnin ho visitato la Cattedrale e l’episcopio di Canton (Guangzhou) e il convento con la comunità di suore che c’è dietro alla grande e massiccia chiesa gotica costruita dai missionari francesi nel 1890, chiamata dai cinesi “La casa di pietra”. Abbiamo incontrato 26 giovani suore con i voti e altre ancora in formazione, padre Fernando mi ha presentato e poi mi ha fatto raccontare brevemente (parlavo in inglese e lui traduceva in cinese) sulle molte Chiese nascenti in tante parti del mondo.
Le giovani donne ascoltavano volentieri, hanno fatto anche alcune domande. In Cina la Chiesa era perseguitata e queste ragazze in pantaloni neri, camicetta bianca, senza velo, capelli tagliati corti, con un piccolo Crocifisso sul petto, testimoniavano come stava risorgendo la comunità cattolica, ricca di vocazioni e di entusiasmo, dopo decenni di persecuzioni e di martirio. Padre Fernando mi diceva che quelle suore, che venivano da tutta Canton e vicinanze per incontrarmi e per una giornata di preghiera e di studio, vivevano a gruppetti di due-tre-quattro in appartamenti fra la gente, esercitando ciascuna una professione, un lavoro, interessandosi dei poveri, collaborando con le parrocchie, prendendo contatto con le donne e le famiglie. E aggiungeva: “Ciascuna di loro vale come due-tre preti, mandano in parrocchia chi vuole conoscere il cristianesimo.
La rinascita della Chiesa in Cina, come in tanti altri paesi del mondo non cristiano, parte dal basso, dall’azione delle suore, di tanti laici come quelli di Huiling e di altre simili associazioni e movimenti. Ho chiesto alle suore di Canton:
– E’ vero che in questi giorni ci sono riunioni di preti, suore e catechisti, convocate dal governo, che vuole indottrinarvi.
– Sì, è vero, abbiamo una riunione tutti i giorni. Ci raccontano la storia del passato, i crimini e le prepotenze dei popoli cristiani occidentali, i danni che i missionari e le suore hanno fatto al popolo cinese. Però queste lezioni finiranno in pochi giorni e tutto tornerà come prima. Se anche ci fosse qualcosa di vero in quel che dicono, la nostra fede è basata sull’amore a Cristo e sulle esperienze concrete che la fede e la preghiera aiutano a vivere meglio”.
Padre Fernando mi diceva, nel 2000 a Canton, che in Cina a stanno venendo molti missionari dai paesi cristiani, di vari ordini e congregazioni, a studiare o lavorare come tecnici e insegnanti di inglese o di altre lingue europee. E mi diceva:
“Scrivi che noi preti, per venire in Cina, dobbiamo avere tre qualità di fondo:
1) Fede e preghiera personale solide, capacità di mantenere la fede e la preghiera anche in situazioni difficili, che non favoriscono la fedeltà alla vocazione. Non pochi preti venuti in Cina, sono tornati in Italia perché pregavano poco o nulla. Da solo non ce la fai a vivere in un ambiente così difficile e rimanere fedele alla tua vocazione. E questo, in verità, vale per tutti gli ambienti di missione.
2) Moralità sicura. Ciascuno deve aver risolto il problema del suo celibato, avere una virtù provata e capace di sacrifici, perché in Cina si lavora soprattutto con donne giovani, per le quali sposare uno straniero sarebbe il massimo. Il pericolo di cadere e innamorarsi è continuo e qui non ci sono protezioni.
3) Pazienza, umiltà e capacità di soffrire per Cristo e la salvezza della Cina. Non voler veder subito i risultati della propria azione, non voler apparire in quello che si fa, ma lasciare la direzione e l’apparenza ai cinesi. Bisogna lavorare solo per Gesù Cristo e la Chiesa, non per se stessi, allora accetti i molti e anche gravi sacrifici e rinunzie che la vita missionaria richiede e sei sempre sereno e in pace con Dio, con te stesso e col prossimo”.
III) Mario Marazzi, dieci anni in una casa-famiglia per disabili
In questa terza parte della catechesi parlo di padre Mario Marazzi, sacerdote del Pime dal 1960 e nello stesso anno era ad Hong Kong, dove è rimasto fino al 1980, quando viene richiamato in Italia per vari impegni di istituto, anche se con alcune permanenze ad Hong Kong “per non dimenticare la lingua cinese” e nella speranza di poter presto ritornare alla sua missione. Cosa che avvenne nel 1999 e lui stesso racconta in una relazione del maggio 2013:
“In questa casa di bambini disabili io faccio il nonno”
“In Italia avevo maturato il desiderio di una vita diversa, più vicina ai poveri. Tornando ad Hong Kong nel 1999, ho lavorato nella parrocchia di Ma On Shan (Shatin), e quando nel 2003 ho avuto la possibilità di vivere con dei disabili mentali a Canton, ho potuto realizzare questa aspirazione e anche di vivere nella Cina continentale, dove a volte sognavo di poterci andare. L’unico motivo per cui sono in Cina è di dare testimonianza del Vangelo. Penso a Charles de Foucauld che nel Nord Africa, unico cristiano in mezzo all’islam, non ha fatto niente di speciale, ma ha dato una preziosa testimonianza avendo fatto bene tante piccole cose. Mi ha aiutato la lettura/meditazione di un libro sui monaci di Tibhirine, le lettere dalla Turchia di Don Andrea Santoro ed ora la biografia di un prete focolarino, 30 anni in Algeria.
“Cosa faccio qui? Condivido la vita con un gruppetto di bambini portatori di handicap mentale che vivono in una casa-famiglia di Huiling. Responsabile dell’andamento della famiglia è la “mamma”, i bambini sono sei, vengono alcune donne da fuori per aiutare. Ogni tanto aiuto nelle faccende domestiche. Per il resto, anche se dò qualche suggerimento sulla casa e l’educazione dei ragazzi, cerco di comportarmi da fratello maggiore o nonno. Al mattino mi alzo da letto per primo, in camera prego e celebro l’Eucarestia. Mi unisco agli altri per la colazione, riassetto la camera, ecc. Dopo colazione i ragazzi vanno a scuola al “Centro diurno” dello Huiling e ritornano verso le 16. Durante il giorno quindi, dal lunedì al venerdì io sono libero di occuparmi di varie cose. Al sabato e alla domenica i ragazzi rimangono in famiglia e si organizza qualcosa di comunitario (una piccola uscita, pranzare fuori o altro). Alla domenica vado a Messa in città.
“Una frequente tentazione è quella di chiudermi in camera (di cosette da fare ce ne sono sempre) e non “perdere tempo”. Cerco di vincerla pensando che non sono venuto qui per fare le mie cose. Cerco di partecipare alla vita della famiglia stando con i ragazzi quanto più possibile, uscendo la sera con loro per una breve camminata o per visitare le altre case-famiglia che sono qui nel quartiere. Ogni tanto visito i due centri di Huiling che sono vicini o il laboratorio dei computer di padre Fernando, dove incontro molte persone e allargo così la cerchia dei contatti.
“Mi piace che il luogo dove vivo è una casa aperta, che pratica l’ospitalità. C’è spesso gente che viene da noi, a volte fermandosi anche di notte. Capisco l’importanza di gestire bene gli incontri, di dare tempo e amore alle persone che vengono. Stando a Canton ho più possibilità di curare le amicizie, le relazioni, di rispondere a chi mi scrive o mi telefona, di andare a trovare qualcuno che potrebbe gradire una mia visita. Tengo con me libri che spesso porto da Hong Kong e che mi sono utili per “seminare”. Per la verità dovrei osare di più nel “dare ragione della speranza che è in noi” parlandone; mi servo più spesso di qualche libro o VCD.
“Non posso fare a meno del rapporto con Hong Kong. Anzitutto con la comunità del Pime, che rivedo sempre volentieri. E poi alla Pime House c’è la cappella con il tabernacolo dove posso pregare e la possibilità del sacramento della riconciliazione. Adagio adagio ho capito che dovevo sì interrompere i rapporti con la gente che a Hong Kong era stata parte della mia vita, ma che non potevo completamente “staccare la spina”. Con la dovuta discrezione ci sono rapporti con la gente che vanno mantenuti a beneficio di ambedue le parti”.
“La fede la diffondono le suore e i laici”
“Oltre al servizio ai disabili (che nel mio caso è piuttosto limitato), è importante il nostro rapporto con la Chiesa locale. Frequentare la chiesa di domenica o in altre occasioni, essere in contatto con preti, suore, fedeli locali o di passaggio, ci dà la possibilità di conoscere tante cose sulla vita della Chiesa di qui. Soprattutto ci aiuta a sentirci solidali, a gioire e soffrire con loro (purtroppo i motivi di sofferenza per una Chiesa che è sottoposta a limiti, restrizioni, abusi sono ancora tanti). Noi diamo un piccolo aiuto pregando, diventando loro amici, qualche volta dando aiuti concreti. D’altra parte Huiling dà alla Chiesa un’occasione concreta di fare qualcosa nel sociale. Tra il personale di Huiling (non solo tra Cagnin e me) e la Chiesa di Canton c’è una buona relazione di amicizia ed aiuto reciproco.
“Sul rapporto tra me e la Chiesa di qui, cito due casi concreti. A volte vado a Messa in Cattedrale, dove c’è sempre occasione di incontrare gente, tessere rapporti, ecc. Più spesso vado alla Messa in cantonese che si celebra nella chiesetta di Shamian alle 8 di mattina. Dopo la Messa un gruppetto di giovani si ferma sul sagrato della chiesa: cantano, fanno qualche gioco e poi leggono le letture della Messa del giorno. La gente che passa (molte volte si tratta di giovani) è attratta, entra, viene a vedere; e dopo la Messa si formano piccoli gruppi che riflettono assieme sulla Parole di Gesù. L’incontro termina a mezzogiorno e mi lascia nel cuore tanta stima per l’impegno di evangelizzazione di questi giovani. Chi incontra davvero Cristo e si innamora di lui, perché sperimenta quanto è bello essere cristiano, diffonde questa sua scoperta!
“Il secondo caso concreto riguarda il mio rapporto con un gruppetto di sei suore che vivono in un appartamento vicino alla nostra casa-famiglia. Le sei suore appartengono a quattro congregazioni diverse e vivono la loro vita in mezzo al popolo, in vari lavori e servizi. Sono donne comuni, giovani, sorridenti e in genere ben volute e anche ammirate per il loro modo di vivere e di aiutare gli altri, specie i sofferenti e i poveri. Ogni tanto mi chiedono di incontrarle a casa loro per parlarmi dei loro problemi e aiutarle nella loro vita spirituale. Io ci vado molto volentieri.
“Un cenno al mio rapporto con P. Fernando. A parte il fatto che senza di lui non sarei qui, il lavorare assieme ad un confratello (anche senza vivere sotto lo stesso tetto) è importante. Per cose un po’ fuori dalla normalità di solito mi confronto con lui. I miei incontri con lui di solito non sono programmati, ma vado spesso all’ufficio centrale di Huiling dove lo incontro e lui viene a volte da me qui. Quando ci incontriamo di solito preghiamo assieme e parliamo di varie cose che interessano il nostro lavoro. Da parte sua c’è molta apertura e desiderio di condivisione.
“La vita nella casa-famiglia è stata per me un’occasione di crescita umana e cristiana. Vivere con bambini disabili e anche loro amichetti, parlando, seguendoli nei loro giochi e apprendimenti, è una lezione di vita continua: anche noi adulti e anziani siamo stati come loro. Il bambino ha bisogno di amore, di affetto, di adulti da vedere come modelli, l’educazione è un atto di amore. Quante volte penso ai bambini nell’Italia d’oggi, in famiglie divise, con genitori che non hanno mai tempo e li abbandonano davanti alla televisione per ore!
“Dalle conversazioni con la “mamma” (una signora stipendiata e adatta a questo lavoro) ho imparato a capire un po’ la vita dura di questa gente che spesso abbandona la propria terra e la propria famiglia e va in città per guadagnare qualche soldo. Sono venuto qui pensando di dare qualcosa ai disabili (e certamente qualcosa dò), ma è più quello che loro mi hanno dato e mi danno. Mi hanno insegnato ad essere più paziente, a “perdere tempo” guardando la televisione o giocando con loro, a vedere i lati positivi di queste persone che spesso la società considera scarti, a comprendere i drammi delle famiglie con figli disabili”.
“Le persone con le quali vivo o che incontro qui a Canton a volte mi chiedono come mai vivo in Cina e faccio un servizio alla casa-famiglia di handicappati. In Cina ho sempre trovato simpatia e anche ammirazione. Ma molti non-cristiani non capiscono chi è il prete, ma sanno che sono cristiano e che faccio parte della Chiesa di cui tutti conoscono qualcosa. Lo stare in mezzo alla gente è stato per me una provocazione a rimanere fedele alla preghiera, alla mia vocazione e all’amore gratuito per tutti. Questo è l’unico modo possibile oggi in Cina per annunciare la buona notizia del Vangelo e far fare bella figura a Gesù e alla Chiesa”.
Dall’aprile 2013 padre Mario Marazzi è tornato ad Hong Kong, quando aveva compiuto gli 85 anni. Resta ad Hong Kong, ove può ancora essere utile alla Cina e alla Chiesa di Cina. Un altro del Pime, padre Franco Bellati, “giovane e generoso missionario” – scrive padre Marazzi – dopo aver imparato il cantonese e lavorato in parrocchia a Hong Kong per alcuni anni, è andato a Pechino a studiare il mandarino e a prestare servizio nel Huiling di Pechino. Da pochi mesi è a Canton, vive in una casa famiglia, e lavora con entusiasmo in mezzo ai disabili”.
Meglio la “via culturale” o quella “umanitaria”?
La presenza di missionari del Pime in Cina e ad Hong Kong, permette a noi dell’Istituto di avere un’immagine più realistica di questo sterminato paese con un miliardo e 300 milioni di abitanti, il triplo della nostra Europa comunitaria. Padre Fernando Cagnin dice che la Cina cambia con una rapidità incredibile. In tre mesi costruiscono in città una strada sopraelevata o una linea della metropolitana con ponti e tunnel sotterranei che in Italia ci vorrebbero tre o più anni. Lo stesso vale per i “diritti umani”. Padre Fernando dice: “In Occidente c’è una forte sensibilità a questo riguardo, ma per i cinesi, tutte le volte che sentono la parola “diritti umani”, avvertono un “conflitto” tra cinesi e occidentali e non un aiuto. Certo c’è un progresso che deve avvenire a tutti i livelli. Stanno facendo qualcosa? Stanno facendo molto! In Cina dicono: facciamo i cambiamenti, modernizziamo, ma non deve succedere un caos sociale! Perché se in Cina c’è il caos, l’economia crolla e il sangue scorre a fiumi, come si è già visto tante volte nella storia cinese; la gente ne è cosciente e ha paura, soprattutto quelli sopra i 40 anni. Con la massima cautela, ma stanno affrontando questi problemi, anche con vigore, con diversa intensità nelle varie regioni. Ad esempio, si stanno sviluppando scuole per assistenti sociali e facoltà di scienze umane. I giovani cercano un lavoro significativo e vengono al Huiling per fare un servizio più aderente agli studi che hanno fatto e alla sensibilità che hanno sviluppato. Dal 2010 ad oggi l’assistenza sociale è migliorata molto e ora anche le famiglie con disabili e le istituzioni che li sostengono ricevono dei compensi”.
“Negli ultimi trent’anni, il popolo cinese viene da una povertà assoluta. Ha tentato di modernizzarsi a partire dall’industria e dalla scuola, favorendo anzitutto le persone capaci e sviluppando le maggiori metropoli e città. Se una decina d’anni fa si parlava di disabili in Cina, la risposta era che di disabili non ce n’erano proprio! Li isolavano nelle campagne, i genitori si vergognavano o avevano paura di portarli in pubblico. Ora invece almeno sulla carta ci sono disposizioni molto precise: è scritto che in ogni città ed in ogni quartiere ci devono essere scuole e servizi per gli handicappati, quote nelle assunzioni in fabbrica, ecc. Fino a qualche anno fa, in Cina i disabili non rientravano fra le priorità. Ora che tutto migliora così velocemente, si è cominciato a fare qualcosa di significativo anche per coloro che dal punto di vista produttivo rendono meno. Rimane il problema che l’approccio è più commerciale che assistenziale o di reintegrazione nella comunità. Chi entra in questi centri statali deve essere sostenuto dalla famiglia. Le spese quindi, di fatto, non ricadono sul sistema pubblico, ma sui privati, sui parenti”.
Chiedo a padre Fernando se la “via culturale”, usata dai tempi di Matteo Ricci per entrare in Cina (scuole, università, cultura), è ancora valida oppure la “via umanitaria” è più adatta oggi. Risponde: “La via culturale è stata certamente molto positiva perchè influenza le persone a diversi livelli della società, e in passato la Cina aveva bisogno di tutto; oggi ha ancora bisogno di specialisti esteri, quindi concedono più facilmente il permesso di soggiorno a queste persone. Dal punto di vista culturale quindi è più facile trovare lavoro in Cina. L’approccio umanitario è sempre parso più difficile sia a livello di registrazione legale, sia di gestione. Per me invece, specialmente oggi, è più importante ed è anche quello che incide di più, perchè tocca profondamente la sensibilità e i cuori dei cinesi, che non le loro menti. I cinesi poi, percepiscono che si ama il loro popolo e ti diventano subito amici e collaboratori. Ho visto perfino autorità pubbliche che sono passate in un paio d’anni dalla minaccia, al sospetto, all’ammirazione ed all’elogio. Amano molto gli specialisti che si dedicano alla loro gente e ne condividono le sofferenze. Se vuoi, è un’idea anche comunista e socialista e se questo viene da una persona apertamente religiosa, un prete o una suora, dà ancor più valore al servizio che si sta facendo. Quando hanno capito che lo facevo proprio col cuore, solo a fin di bene, allora sono diventato una persona molto amata e anche la fede che esprimo naturalmente viene vista come la fonte di una speciale energia. E questo è molto incisivo per l’evangelizzazione oltre che a quello umanitario. Ed è a partire da questa esperienza vera che alcuni cercano i cristiani locali per saperne di più o per iniziare il catecumenato.
“La mia e quella di padre Marazzi non è evangelizzazione diretta, ma penso che la gente si avvicina al Vangelo (che non conoscono) quando “si tocca il loro cuore”, la loro sensibilità e capacità di azione, stimolandole a fare quello che anche il Partito comunista di per sè ha sempre annunciato: rispetto dei poveri, i diritti dei deboli, della famiglia e dell’armonia sociale, rispetto verso tutti, anche verso le regole naturali e sociali, etc. Subito dopo questo punto di partenza, però si accorgono dell’energia che sta dentro di te e si chiedono da dove venga. Vogliono conoscere la tua teoria, il tuo ideale, l’origine della tua forza, e c’è chi si accorge che viene dalla tua fede, o addirittura dalla preghiera. Non potrò mai dimenticare quando una persona mi si è accostata e mi ha detto: “Ho capito perché tu lavori instancabilmente tutto il giorno, dal mattino alla sera, perchè preghi! Dai, insegnami a pregare!”.
“Anche i missionari del passato, in fondo, facevano questo e infatti erano molto amati dalla gente comune. Però, come normalmente succede, quando si comincia a gestire una parrocchia, una diocesi, una istituzione, ecc. vuol dire anche gestire del potere, del denaro, essere avere una autorità. A quel punto, nonostante l’impegno per i più poveri, gli atteggiamenti verso le persone cambiano e talvolta l’opportunità di “stare” con le persone deboli e dalla loro parte si affievolisce di molto. Una mia carta vincente in Cina finora è che sono stato sempre insieme e al livello della gente normale, vivendo alla buona, mangiando alla buona e dormendo in ambienti alla buona … come loro”.
La Chiesa in Cina sta risorgendo bene
Quali sono i tuoi rapporti con la Chiesa locale in Cina? Padre Cagnin risponde: “Per essere fedele alla legge, non mi sono mai coinvolto con la Chiesa locale e non ho mai negato la mia identità. Vado a Messa in Cattedrale sempre alla stessa ora e nello stesso banco. Qualcuno dalla Chiesa locale ha iniziato ad ammirare il mio lavoro e lo portano addirittura ad esempio. Per cui ogni tanto durante la preghiera dei fedeli si sente dire: preghiamo per i missionari, e guardano anche a me!
“A Canton la Chiesa opera liberamente anche se ci sono restrizioni evidenti. Prima del boom economico sembrava che tutto fosse sotto controllo e che i cristiani non aumentassero. Con il risveglio dell’economia, c’è stato un dinamismo di attività commerciali e culturali, che ha portato anche l’interesse per la vita religiosa; ora nelle chiese si vedono più cristiani, ci sono più celebrazioni eucaristiche (in cantonese, mandarino, inglese e perfino in coreano) e si vedono preti giovani nelle chiese. C’è un movimento spontaneo di conversioni che nessuno, nemmeno volendolo, può fermare. Questo fenomeno a Canton coinvolge anche le classi sociali medio-alte, che affermandosi nella società ed acquisendo autonomia non hanno più paura e, liberamente fanno le scelte che più credono opportune.
“Con il miglioramento delle condizioni di vita, anche la ricerca religiosa e l’impegno sociale aumentano. La gente è alla ricerca di un ideale e molti vengono nei nostri Centri Huiling a fare volontariato, anche perché sanno che ci sono io e hanno fiducia che i loro sforzi andranno a buon fine. A volte anche cristiani, suore e preti locali, fanno del volontariato! Sono loro a insegnare catechismo. La gente si sente più libera di pensare e di fare quello che vuole; vive in migliori condizioni sociali, quindi può fare le sue scelte, decidere e viverle.
“C’e’ poi anche un elemento interessante, assolutamente evidente in campo cattolico: in metropoli come Canton e Pechino le chiese si riempiono per le Messe domenicali, che continuano a crescere di numero. In Canton pochi anni fa in Cattedrale c’erano solo due Messe festive, ora sono cinque, compresa quella del sabato sera. Alla Messa in inglese partecipano anche centinaia di persone altolocate e ricche, cinesi e straniere. Qualche mese fa a Pechino alla chiesa del sud hanno perfino aggiunto un’altra Messa domenicale in coreano alle undici del mattino. Le Chiese sono piene, certamente nella navata centrale e spesso anche in quelle laterali. E attualmente, nel 2013, spesso si riempiono così tanto da dover aggiungere centinaia di sgabelli di plastica, e poi aggiungere altre Messe. Una curiosità: a Guangzhou la “Messa di mezzanotte” di Natale – giorno non festivo in Cina – si è celebrata in Cattedrale e nel Salone: alle 13,30, 13, 16,30, 17,40, 19 e 19,10, 20,30 e 20,40 22 e 22,10! In altre parole, 10 Messe con un massimo di oltre mille partecipanti per Messa, all’ 80% non cristiani, altro che una abitudinaria Messa di mezzanotte! E preparatevi a fare la fila per poter entrare!”.
“Alla Messa in inglese partecipano anche i cinesi, attirati dal fatto che ha molti canti, è molto partecipata ed è più dinamica. La Messa è animata dai fedeli stessi anche perché i preti che celebrano qui a Canton non sanno bene l’inglese (è diverso a Pechino). Fanno tutto i laici, anche la predica. Tutto è ben organizzato, soprattutto dai filippini e da molti commercianti di tutto il mondo, soprattutto africani e occidentali e anche italiani. Dopo la Messa spesso fanno altre attività per le famiglie e i bambini, catechesi, conferenze, ecc. A volte vanno avanti fino al tardo pomeriggio. In pratica hanno conquistato tutto il “compound” (territorio cintato) della Cattedrale.
“Chi va ancora avanti con l’idea della doppia Chiesa cinese, ufficiale e sotterranea, vive sostanzialmente in un altro tempo. E’ una distinzione da fare con molta cautela e che certamente non interessa alla maggioranza dei cristiani cinesi, che non capiscono queste distinzioni, perchè nella vita corrente non esistono più.
“E’ vero, ormai è noto, che i vescovi in Cina, eccetto pochissimi, sono stati tutti riconosciuti dalla Santa Sede. In passato e forse anche oggi, la tendenza dei governanti – mi sembra – sia sempre stata di scegliere per l’episcopato preti molto anziani e poco efficienti… Adesso invece c’è una nuova generazione di preti giovani grazie ai quali si apriranno nuove prospettive. Cambia anche il modo di scegliere i vescovi, li eleggono i preti. Dopo aver tenuto chiusi i seminari per decenni, adesso ci sono molti seminari aperti in tutta la Cina. All’inizio, 20-30 anni fa, con numerose vocazioni. Adesso, per la secolarizzazione galoppante e il consumismo travolgente, le vocazioni diminuiscono e si pongono gli stessi problemi che avete voi in Italia”.
Piero Gheddo a Radio Maria
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