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Nel febbraio 1993 sono stato a Kengtung in Birmania e ho incontrato quattro suore italiane di Maria Bambina che erano in missione dagli anni trenta: nessuna era più tornata in Italia. Quando penso e prego padre Clemente, mi vengono sempre in mente quelle cinque missionarie che l’avevano conosciuto, condividendo la sua vita spesa per Gesù Cristo e il prossimo. La causa di canonizzazione di Clemente è iniziata tre anni dopo (nel 1996), ma le quattro suore avevano di lui un grande ricordo, lo chiamavano spontaneamente “santo”.
Sfogliando la “copia pubblica” del processo diocesano, che contiene le lettere di Vismara, i documenti raccolti su Clemente e i testi delle interrogazioni fatte a circa 130 testimoni, ritrovo la testimonianza di suor Giuseppina Manzoni, una delle quattro, nata a Cernusco sul Naviglio nel 1904, entrata in Birmania nel 1930 e vissuta lunghi anni con Clemente a Mongping. Interrogata il 27 gennaio 1997 a Kengtung nel “processo diocesano” per la beatificazione di Clemente, ha dato sotto giuramento questa testimonianza semplice e commovente.
Diceva: “Padre Clemente pregava tutto il giorno. Lo si vedeva sempre col Rosario in mano. Se qualcuno veniva a cercarlo e non lo trovava, io gli dicevo: “Vai in chiesa, lo trovi là”… Era sempre in compagnia del Signore, per lui il Signore era tutto… Era un uomo buono con tutti. Aiutava tutti, specialmente i più poveri. Non c’era nessuno che andasse da lui per chiedere qualcosa e che tornasse senza aver ricevuto nulla. Tutti lo sapevano, anche i pagani e per questo andavano da lui. Accoglieva i bambini orfani che gli venivano portati, non rimandava mai nessuno. E se noi suore dicevamo che erano troppi e non c’era da mangiare per tutti, lui rispondeva: “Non preoccupatevi: il Signore provvederà”. Su questo punto era esigente: non bisognava mai rifiutare nessuno. Anzi, era lui, padre Vismara, che spesso andava a cercare gli orfani e i più poveri senza nulla, diceva loro di venire da lui alla missione e avrebbero trovato da mangiare e, se ne avevano bisogno, anche del denaro. Noi suore non sapevamo dove trovasse tanti mezzi per aiutare tutti. Già allora, quand’era ancora vivo, la gente diceva che era un santo. Noi suore dicevamo: “Come Vismara non c’è nessuno”. E poi era sempre allegro, comunicava la sua gioia a tutti, metteva in pratica il comandamento di Gesù, che occorre dare con gioia. Da quando è morto tanti si sentono come orfani. Spesso, dopo che era morto, venivano persone a dirci che lo avevano visto in giro con la sua jeep: non era morto, ma continuava ad aiutare la gente povera”.
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Cari amici, che ve ne pare? E’ la storia di un uomo del nostro tempo che ha preso sul serio il suo battesimo e la vocazione missionaria. Sembra un mito, un eroe da romanzo, invece era uno di noi e nella sua vita non c’è nulla di eccezionale, nessun tipo di “miracolo”. Un missionario che ha vissuto con lui, padre Angelo Campagnoli, ha dato di lui una definizione azzeccata: “Era straordinario nell’ordinario”: faceva bene tutto quel che doveva fare, nel posto in cui Dio l’aveva messo, con amore, pazienza, umiltà, costanza, fiducioso nella Provvidenza perché pregava molto. E ancora Campagnoli dice: “E’ morto senza mai essere invecchiato”. Pensate che fortuna, in un mondo come il nostro in cui un po’ tutti cerchiamo di non invecchiare.
Clemente si manteneva giovane semplicemente vivendo in grazia di Dio e amando il prossimo in modo totalitario (“Ama il prossimo tuo come te stesso”, dice Gesù): questo lo rendeva pieno di gioia e di buon senso, non si lasciava guidare dalle sue passioni ma ispirava la sua vita al Vangelo. Clemente Vismara è morto a 91 anni.
Certamente era vecchio di anni, ma aveva la semplicità di un ragazzo. Furbo negli affari, nelle decisioni quotidiane, ma buono di cuore, pronto ad aiutare tutti, capace di scherzare e di perdonare, fiducioso nella Provvidenza, sempre di buon umore: nelle tragiche situazioni in cui viveva (guerra, miseria, malattie, briganti, ecc.) non era mai triste o scoraggiato o depresso. La foto che gli ho fatto quando aveva 86 anni (quella di tutte le immaginette con la preghiera per la sua beatificazione) dimostra chiaramente quanto, a quell’età, era vivo, simpatico, giovanile di spirito e di aspetto. Che sia questo, anche per noi, il modo migliore per non invecchiare?
Padre Gheddo sul Bollettino di padre Vismara (2004)
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