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Nel dicembre 2004 a EMI (Editrice missionaria italiana) pubblicherà un libro di racconti di Clemente sui ragazzi. Sono inediti o pubblicati su rivistine quasi sconosciute mezzo secolo fa e oltre: li ho scelti e commentati fra l’immenso materiale raccolto nei nove volumi della “Copia pubblica” della Causa di canonizzazione (nove volumin di complessive 3.480 pagine, formato A4), che contiene tutti gli scritti di Clemente e su Clemente.

In un articolo dal titolo “Noi fonderemo la Chiesa con questi relitti dell’umanità”, Clemente racconta che all’inizio della sua missione in Birmania (1923), andava col vescovo di Kengtung, mons. Erminio Bonetta, a visitare i villaggi e imparava molto da lui. Però non approvava un suo comportamento. Erano accompagnati da quattro o cinque orfanelli che non solo non obbedivano, ma finivano per imporre la loro volontà al vescovo. Bonetta chiedeva sempre il loro parere e “come gli orfanelli volevano, il vecchio faceva, nonostante che solo lui conoscesse la lunghezza della strada. Quei viaggi duravano settimane per strade da capre…”. La cosa era insopportabile a Clemente: “Io pensavo e qualche volta lo dicevo: Lascia che diventi io capocarovana e poi vedrai se non li faccio saltare questi scugnizzi… Noi li manteniamo da capo a piedi, li vestiamo, li curiamo e loro non obbediscono… Follia! Follia pura!”.

Però poi Clemente aggiunge: “Ora anch’io che son vicino ai settant’anni, faccio peggio di mons. Bonetta e credo di far bene! Se dubito di non essere obbedito, non faccio parola, ordino quello che a loro piace, quello che loro vogliono. Perché un ragazzo diventi passabilmente obbediente, occorrono due, tre anni e più. Poveretti, su ai monti non sanno cosa sia obbedire. Liberi, liberi come rondini.

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“Sentite, ragazzi miei – ho detto più volte – se non vi piace rimanere con me, non fatemi il torto di scappare di notte. Ditemelo, cercherò di dissuadervi, ma se proprio non volete rimanere, vi lascerò partire. Vi darò anche la coperta e qualche soldo per la strada, ma non scappate in malo modo, io vi voglio bene, desidero stiate bene, non m’importa se con me o senza di me.

“Nel maggio scorso mi sono fuggiti, mentre io dormivo, 5 nuovi ragazzi! Mi portarono via le coperte ed i vestiti nuovi che avevo dato loro tre giorni prima. Dopo due mesi, tre ritornarono, sudici come porcellini, il vestito a brandelli, dimagriti. Nei villaggi loro si faceva la fame e, essendo orfani, il capo villaggio li ricacciò qui da me. Credete che li abbia cresimati? Sarei stato pazzo. Sinceramente la voglia di dare almeno uno scappellotto la sentivo, ma non dissi nulla… Settanta volte su cento, i ragazzi che tornano non scappano più. E’ necessario che scappino per poi rimanere sempre con me. Sarà un lavoro lento, umile, silenzioso, ma sicuro.

“Dio predilige gli umili. Noi potremo fondare la Chiesa solo con questi relitti dell’umanità. Dio non si impone, si propone. Anche il nostro Divin Maestro ogni volta che voleva far del bene diceva: “Se vuoi…”. Ogni forza che s’impone è una debolezza, occorre essere tanto più discreti, quanto più il sottoposto è indifeso. Anche la personalità di un derelitto è sacra e pretendere che superi la sua mentalità, il suo livello, è perderlo. Una casa che tiene le porte chiuse non è una casa, è una prigione: è umano si diventi ribelli… Il mio destino sarà sempre di trovarmi a fianco di persone che non la pensano come me. Tolleranza, discrezione, pazienza, non saranno mai sufficienti”.

Credo non sia sufficiente essere ammiratori e devoti di Clemente, pregarlo per ottenere grazie. Bisogna che ciascuno di noi si sforzi di imitarlo, almeno di acquisire la sua mentalità, il suo modo di vedere le cose, di ragionare, di comportarsi. “Il beato e il santo sono il Vangelo incarnato oggi” disse una volta il card. C.M. Martini. Clemente ci indica la via che tutti noi dobbiamo percorrere.

Padre Gheddo sul Bollettino di Clemente (2004)

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