
L’Occidente deve riflettere su questo fatto: i popoli musulmani ci vedono come
ricchi, democratici, tecnicizzati, istruiti, ma anche come atei, aridi, cinici,
senza regola morale. Ritengono di avere una missione storica da compiere: venire
in Occidente per dare un’anima alla nostra civiltà, convertendoci in un modo o
nell’altro ad Allah. E’ un concetto ripetuto continuamente dalla stampa dei
paesi islamici, nelle moschee e scuole coraniche, ma non c’è mai sulla stampa
italiana. I musulmani vedono l’Occidente cristiano come un pericolo per la loro
fede: sono attirati dal mondo moderno, ma ne hanno anche paura! Vogliono la
nostra tecnologia e il progresso ad essa legato, ma non vogliono i nostri valori
umani e religiosi, senza capire che lo sviluppo è collegato ai valori supremi di
una civiltà.
Scrive l’egiziano Magdi Allam (Corriere della Sera, 13
agosto 2006): “E’ vero che è una minoranza quella che pratica il terrorismo
islamico, ma c’è una maggioranza di musulmani che condivide la loro ideologia
fascista”. L’11 settembre 2001 ero in Bangladesh nel lebbrosario di Dhanjuri. Le
Missionarie dell’Immacolata che curano i lebbrosi quel giorno non avevano
ascoltato la radio: non ho saputo nulla degli attentati suicidi alle due Torri
di New York. Il giorno dopo, andando in auto a Dinajpur, migliaia di persone
manifestavano in corteo col volto gioioso e trionfante. Mentre l’Occidente era
inorridito davanti alla televisione e a quelle scene spaventose, le folle
dell’islam scendevano in piazza per esprimere la loro gioia per la vittoria
contro “il grande Satana” (come Khomeini definiva gli Stati Uniti)!
La
nostra responsabilità sta nella decadenza della società, delle famiglie.
L’Occidente presenta questi gravi sintomi di decadenza: diminuzione della
popolazione, bassi tassi di crescita, di risparmio, consumi individuali e
collettivi superiori agli investimenti; degrado morale: aumento di comportamenti
antisociali (omicidi, droga, violenza in generale), decadimento della famiglia
(divorzi, famiglie di single e di omosessuali), l’indebolimento dell’impegno nel
lavoro e nello studio, la tendenza dell’Europa a non riconoscere le proprie
radici cristiane. L’Europa e l’America tentano di promuovere la cultura
occidentale (diritti dell’uomo e della donna, democrazia, libertà di pensiero e
di religione, valore della singola persona, giustizia sociale, stato di
diritto), ma sempre più diminuisce la loro capacità di realizzare questo
obiettivo.
Perché questa decadenza? L’Occidente ha abbandonato Dio ed è
diventato “una civiltà volta alla sua stessa distruzione” diceva il card.
Ratzinger in una sua conferenza. Nel gennaio 2006 sono tornato da un viaggio in
Senegal, Mali e Guinea Bissau, dove ho vissuto per un mese fra popolazioni
povere, con un livello di istruzione e di vita molto inferiore al nostro. Eppure
sono popoli che danno l’impressione di una serenità e gioia di vivere che
certamente noi italiani non abbiamo più. Tornando in Italia vedo molta gente
triste, pessimista, scoraggiata. E’ un’esperienza che faccio spesso. Sarebbe
sbagliato dire che è meglio la loro condizione della nostra, ma certamente si
può dire che la povertà educa più della ricchezza ad alcune virtù umane
fondamentali per vivere bene: cordialità, solidarietà, saper gioire di quel poco
che c’è, amore alla famiglia e al villaggio, profondo senso religioso nella
vita, ecc. Un parroco al quale chiedo come va la sua grande parrocchia mi dice:
“Oggi l’idolo è il denaro; in passato prevalevano altri idoli: l’ideologia, il
sesso, la gloria umana, ma oggi è il denaro”. Noi trasmettiamo ai giovani il
falso ideale che deprime la nostra civiltà: di avere sempre di più e che quel
che conta è divertirci e occupare i primi posti.
La nostra civiltà è
questa: siamo ricchi, democratici, liberi, istruiti e laureati, scientificamente
avanzati, con leggi perfette (o quasi), ma vuoti dentro. Il cardinale
arcivescovo di Bologna Giacomo Biffi diceva che “i bolognesi sono sazi e
disperati”. In questa situazione esistenziale, che rende la nostra società
sempre più individualista e arida, noi incontriamo la provocazione dell’islam
che si propone, con ogni mezzo (crescita demografica ma anche “guerra santa” e
terrorismo), di ricondurci alla fede in Dio. Su questa realtà l’Occidente
dovrebbe riflettere e decidere se non è questo il momento di tornare a Dio e a
Gesù Cristo. Siamo proprio convinti che il laicismo esasperato, che toglie (o
vuol togliere) i crocifissi dalle scuole e dagli ospedali e non parla mai di
problemi religiosi in giornali e Tv, che esalta l’esasperazione del sesso e
privilegia il divertimento sull’impegno nel lavoro; siamo proprio convinti che
sia il sistema migliore per preparare il futuro della nostra Italia?
L’islam si definisce non in termini di libertà ma di sottomissione a Dio. E se
fosse proprio questo l’ideale a cui ritornare per umanizzare la nostra civiltà e
per incontrare l’islam? Ritornare a Dio senza rinunziare alla nostra libertà,
anzi proprio in forza della nostra libertà di scelta, perché convinti che la
vera libertà sta nella totale e libera sottomissione alla volontà di Dio e alla
Legge divina. Chesterton ha scritto: “Dio ha creato l’uomo e gli ha dato i Dieci
Comandamenti come via da seguire per realizzare se stesso. Volete che non
sapesse qual è il vero bene dell’uomo?”.
La sfida dell’islam va presa
sul serio. All’inizio del novecento i musulmani nel mondo erano circa 300
milioni, oggi un miliardo e 300 milioni. L’Italia è passata da 38 a 58 milioni e
oggi noi italiani diminuiamo di circa 100.000 l’anno (siamo in leggero aumento
solo per l’ingresso e le nascite di terzomondiali!). In un mondo occidentale che
perde il senso dei valori assoluti, la testimonianza del primato di Dio ci fa
comprendere i valori storici che l’islam porta con sé, anche se in tanti modi
sbagliati, condannabili, che giustamente noi rifiutiamo:
1) La
presenza di Dio nella vita del singolo uomo, nella famiglia, nella società. I
musulmani ci insegnano il ”senso religioso” dell’esistenza, la coscienza che
l’uomo è una creatura piccola e debole: deve dipendere dal suo Creatore.
2) La fede è il più grande dono di Dio all’uomo, che dobbiamo chiedere e
conservare con la preghiera e l’osservanza della Legge di Dio. In Pakistan un
dottore laureato in Europa mi diceva: “Noi preghiamo cinque volte al giorno, voi
italiani come fate a vivere senza pregare?”.
3) La fede non è solo una
scelta e un fatto personale e privato (noi abbiamo quasi vergogna a mostrarla),
ma crea l’appartenenza ad una comunità di credenti e a tutta l’umanità creata
dallo stesso Dio; quindi forti vincoli di amore e di aiuto vicendevole.
Come tutto questo potrebbe essere realizzato nella nostra società, ecco il tema
da dibattere, discutere, proporre per dare una svolta alla decadenza
dell’Occidente. E’ necessario accendere una luce di speranza sul nostro cammino
storico.
Padre Gheddo su Il Timone (2006)
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