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San Paolo è certamente il simbolo e il modello della missione alle genti. L’anno paolino ci richiama allo studio di San Paolo, per ridare vigore alla missione universale della Chiesa, che conosce un momento di stanchezza, di riflusso. In genere nella Chiesa, almeno qui in Italia, c’è una forte diminuzione della tensione verso l’annunzio del Vangelo alle genti. L’anno paolino è l’occasione per ritrovare il cammino verso i popoli non cristiani, che dura dai tempi degli Apostoli e che, come diceva Giovanni Paolo II, “è appena agli inizi” (Redemptoris Missio, 3, 30), poiché la grande maggioranza dei popoli e delle culture ancora non hanno ricevuto l’annunzio della salvezza in Cristo.

Tre i punti della missionarietà di Paolo particolarmente importanti oggi:

1) Primo. La missione è annunciare Cristo e il suo messaggio salvifico. “Guai a me – affermava san Paolo – se non predicassi il Vangelo!” (1 Cor 9,16). Sulla via di Damasco egli aveva sperimentato e compreso che la redenzione e la missione sono opera di Dio e del suo amore. L’amore di Cristo lo portò a percorrere le strade dell’Impero Romano come araldo, apostolo, banditore, maestro del Vangelo, del quale si proclamava “ambasciatore in catene” (Ef 6,20). La carità divina lo rese “tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno” (1 Cor 9,22).

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San Paolo diceva di essere stato “afferrato da Cristo Gesù” (Filippesi, 3, 12) : “Mihi vivere Christus est”, per me vivere è Cristo. E aggiuge: “Quello che per me era un vantaggio, per amore di Cristo l’ho ritenuto una perdita. Considero ogni cosa come un nulla in confronto alla suprema conoscenza di Cristo Gesù mio Signore, per il quale mi sono privato di tutto e e tutto ritengo come spazzatura, pur di guadagnare Cristo” (Filippesi, 3, 7-8).

Lo stesso Paolo esclama: “La carità di Cristo ci spinge” (“Charitas Christi urget nos”, 2 Cor. 5, 14); “Chi potrà separarci dalla carità di Cristo?” (Rom. 8. 35).

Gli esegeti hanno contato nelle lettere di San Paolo 164 volte l’espressione: “In Christo”, cioè la vita in Cristo. Tutta la vita di Paolo è fondata sull’amore a Cristo ed è stato mandato per annunziarlo a tutti gli uomini

2) Secondo. “Guai a me se non predico il Vangelo!” (1Cor 9,16).

Come non pensare qui al Macedone che, apparso in sogno a Paolo, gridava: “Passa in Macedonia e aiutaci”? Oggi sono innumerevoli coloro che attendono l’annuncio del Vangelo, coloro che sono assetati di speranza e di amore. Quanti si lasciano interpellare a fondo da questa richiesta di aiuto che si leva dall’umanità, lasciano tutto per Cristo e trasmettono agli uomini la fede e l’amore per Lui! (cfr Spe salvi, 8).

Cari fratelli e sorelle, “duc in altum“! Prendiamo il largo nel vasto mare del mondo e, seguendo l’invito di Gesù, gettiamo senza paura le reti, fiduciosi nel suo costante aiuto. Ci ricorda san Paolo che “non è un vanto predicare il Vangelo”(cfr 1 Cor 9,16), ma un dovere e una gioia.

Paolo era l’>Apostolo dei non cristiani. “Mi sono imposto quel punto d’onore di non annunziare il Vangelo là dove il nome di Crio fosse già conosciuto, per non edificare così su fondamenta poste da altri, attenendomi a quanto sta scritto:.. lo vedranno quelli ai quali non giunse notizia di lui e lo comprenderanno coloro che non ne hanno sentito parlare…”: (Rom 15, 20-21).

Ai Filippesi scriveva che un motivo solo gli faceva desiderare di rimanere sulla terra: “Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno” Fil 1, 21-22).

Filippesi, 1, 15-18: “Alcuni, è vero, predicano Cristo solo per gelosia e in polemica con me, ma altri lo fanno con sincerità. Ma che importa? Dopo tutto, in qualsiasi maniera, sia con ipocrisia, sia con sincerità, Cristo viene annunziato”.

3) Terzo. La tentazione della secolarizzazione.

a) La missione è fondata sulla fede, ma oggi la crisi della nostra società, e anche del mondo cattolico, é una crisi di fede.

Non é in crisi lo spirito religioso, la religiosità. E’ in crisi invece la fede in Cristo, unico Salvatore dell’uomo, dell’umanità. “Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre” (Ebrei, 13, 8); in Atti (4, 12) Pietro dice: “Gesù Cristo e nessun altro può darci la salvezza: infatti non esiste altro uomo al mondo al quale Dio abbia dato il potere di salvarci”. A volte anche nella Chiesa, si prende il messaggio del Vangelo, la bontà, la solidarietà, la giustizia, il perdono, ma non il messaggero Gesù Cristo! I valori sì, ma non la radice e la fonte dei valori che è il Dio incarnato in Cristo Salvatore.

Viviamo non in una società di atei, ma di idolatri. Se non credessero a niente sarebbe meglio: invece credono negli idoli, negli “dei falsi e bugiardi”, come si diceva una volta, Il Dio fatto uomo in Cristo è stato sostituito dagli idoli: denaro, sesso, carriera, potere, gloria, superstizioni.

E’ Gesù che fa problema, è Gesù che fa scandalo. Gesù crocifisso è “scandalo per gli ebrei e follia per i pagani” diceva San Paolo (1 Cor. 1, 23). Ancor oggi è così.

b) Il pericolo oggi è la secolarizzazione della salvezza. “La tentazione oggi é di ridurre il cristianesimo ad una sapienza meramente umana, quasi scienza del buon vivere. In un mondo secolarizzato é avvenuta una graduale secolarizzazione della salvezza, per cui ci si batte sì per l’uomo, ma per un uomo dimezzato, ridotto alla sola dimensione orizzontale” (RM 11).

Questa tentazione é molto forte: il cristianesimo é ridotto ad una specie di “religione dell’umanità”, la “Dea Ragione” (come volevano gli illuministi del Settecento), la Chiesa come società filantropica e di riferimento morale. Parliamo tanto di fame nel mondo, di diritti dell’uomo, non parliamo mai della fame di Dio e dei diritti di Dio. Sembra che noi missionari andiamo ai popoli più poveri per portare aiuti, curare i malati e i lebbrosi… Invece andiamo anzitutto per portare Gesù Cristo: ma questo non è quasi mai ricordato!

Oggi non é in crisi la Chiesa come istituzione. Anzi, é accettata ed esaltata come strumento di pace sociale, come richiamo all’etica, come assistenza ai poveri e agli handicappati. La Chiesa pilastro della società capitalistica avanzata, ma non perché predica Gesù unico Salvatore dell’uomo!

Si tenta di salvare il cristianesimo come sistema morale e consolatorio dell’uomo alienato dal capitalismo e dal materialismo, passando da Gesù Figlio di Dio, unico Salvatore dell’uomo, ai “valori morali” che sarebbero comuni a tutti. La gente ha fame e sete di Dio e noi le diamo il “discorso dei valori”, a cui tutti arrivanoperchè è facile parlare di pace, di bontà, di giustizia e via dicendo.

Bisogna purificare il termine “missione” che oggi è inteso in tanti modi diversi. La missione della Chiesa è di natura religiosa, non politica o sociale o economica o culturale, anche se poi il Vangelo esercita un influsso in tutti i settori dell’attività umana, purifica le culture umane, provoca alla conversione tutte le persone, tutti gli ambiti in cui vivono e tutte le attività che esse svolgono.

Negli ultimi 20-30 anni è invalsa l’abitudine di etichettare con la parola “missione” qualsiasi buona azione. La cosiddetta “animazione missionaria” e una parte della stessa “stampa missionaria” sono orientate ad azioni di tipo sociale-politico-economico. Non pochi gruppi missionari realizzano progetti sociali o di tipo socio-politico, come la protesta contro il debito estero dell’Africa, contro la vendita delle armi, contro la deforestazione, contro le multinazionali, ecc. E si fermano lì.

Queste sono cause buone, ma non “missionarie” in senso stretto. E quando diventano prioritarie nell’animazione e nelle riviste missionarie, finiscono per creare un’immagine errata della missione, del missionario, della vocazione missionaria. Il compito del missionario è di annunziare Cristo, testimoniare Cristo, far innamorare di Gesù Cristo, non di essere un operatore o animatore sociale o politico!

Al primo Congresso missionario delle Chiese asiatiche a Cheng Mai in Thailandia (18-22 ottobre 2006), è stato discusso il tema: “Raccontare la storia di Gesù in Asia: andate e ditelo a tutti”. E’ il segno di quanto le Chiese di frontiera, fra i non cristiani, sentono l’urgenza della missione alle genti, come sentiva San Paolo.

Conferenza di Padre Gheddo a Milano (2008)

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