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Ogni giorno l’informazione riporta i casi estremi dello sfascio morale che è alla base della crisi della nostra Italia: le ragazzine di 14-15 anni si vendono per i piercing e i vestiti alla moda, studenti di liceo si accapigliano e si accoltellano, la corruzione finanziaria invade tutti i settori della società e i partiti politici e via dicendo. Questo il nostro cibo quotidiano. Giustamente, giornali e telegiornali denunziano, lamentano, accusano, si cercano i colpevoli, si ipotizzano rimedi. La realtà è evidente. Nella cultura italiana e quindi anche nella mentalità comune è svaporata la chiara distinzione tra bene e male e l’educazione di base a scegliere il bene ed a fuggire il male. Mi chiedo: com’è possibile educare a distinguere tra bene e male, se togliamo Dio dall’orizzonte dell’uomo? Chi, nella società e nella “morale laica” insegna ed educa all’osservanza dei Dieci Comandamenti e delle Beatitudini di Cristo, che sono alla radice della nostra civiltà e cultura occidentale?
Il Card. Carlo M. Martini, nella “Cattedra dei non credenti” aveva organizzato un incontro dal titolo “In cosa crede chi non crede?” (pubblicato dalla rivista “Liberal”, Roma 1996, pagg. 143), con il dibattito tra Martini e Umberto Eco, a cui si sono aggiunte altre voci: Emanuele Severino, Manlio Sgalambro. Eugenio Scalfari, Indro Montanelli, Vittorio Foà, Claudio Martelli.
Il tema centrale era questo: “Quali ragioni dà del suo agire chi intende affermare e professare princìpi morali che possano richiedere anche il sacrificio della vita, ma non riconosce un Dio personale?; Dove trova il laico la luce del bene?”. Martini aggiungeva: “So che esistono persone che, pur senza credere in un Dio personale, sono giunte a dare la vita per non deflettere dalle loro convinzioni morali. Ma non riesco a comprendere quale giustificazione ultima diano del loro operare”; e soprattutto come “la morale laica possa risultare convincente per le grandi masse umane”. Insomma, “l’etica ha bisogno della verità”, per avere una fondazione ferma, sicura, che dà speranza anche al di là della morte; e questa può essere solo trascendente, che supera l’uomo limitato, debole, peccatore che tutti conosciamo e tutti siamo.
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Piero Gheddo
febbraio 2014
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