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martinelliIn Libia la Chiesa ha buoni rapporti con la gente comune e con le autorità. Abbiamo piena libertà di servire i cristiani e possiamo avere nuovi sacerdoti dall’estero (se li trovassimo!). E’ importante la testimonianza che danno i cristiani (tutti stranieri) nelle compagnie del petrolio e in altri campi: cerchiamo di aiutarli a capire i musulmani e ad essere positivi con loro, a stabilire rapporti di amicizia, di comprensione vicendevole e di aiuto vicendevole.

Le suore sono 60-70. A Tripoli solo sei comunità; più numerose nella Cirenaica, dove sono molte le italiane anche nei villaggi rurali. Il servizio della suora è apprezzato, richiesto, voluto anche dal governo.Se invece di 60-70, avessimo 200-300 suore, la loro testimonianza sarebbe ben più visibile. Più numerose le filippine infermiere negli ospedali, suscitano ammirazione e riconoscenza. In Libia sono 10.000 o più e danno una testimonianza significativa,  perchè donne cristiane, competenti e tante: nei principali ospedali di Tripoli sono tutte loro. Questo stile di servizio e di testimonianza delle filippine è anche una forma di dialogo e di apertura verso i musulmani, che certamente li fa riflettere, attraverso loro capiscono i valori cristiani più di qualsiasi discorso. Dico questo per le molte testimonianze che ricevo dai musulmani, che ringraziano di questa presenza, e anche dalle filippine che sono contente di essere apprezzate. La filippina per natura è paziente, comprensiva, gentile, si adatta facilmente a situazioni diverse. Lo stesso discorso vale per le infermiere indiane cattoliche o cristiane che vengono dal Kerala; e vale per i profughi dall’Africa nera che ormai sono tanti, lavorano bene in tutti i campi e hanno un forte senso di appartenenza e di identità cristiana. Il libico è rispettoso per natura, è tollerante e sa capire se uno veramente crede o no. Nelle compagnie italiane o non italiane che lavorano specie per il petrolio, le persone che credono si manifestano e suscitano amicizia e ammirazione nei musulmani.

Anche in Libia è presente il fondamentalismo, i libici soffrono e si sforzano di superarlo. Essendo frutto di ignoranza, si supera soprattutto con la testimonianza di amore, onestà, rispetto per tutti specie per le donne, gioia di vivere, che in genere i cristiani credenti danno. Il Corano dice di rispettare la gente del Libro, cioè ebrei e cristiani e ripete più volte: siate gentili con la gente del Libro. Ritengo che l’islam abbia un significato nella storia e nei piani dì Dio. Non è nato per caso. Io penso che oggi l’islam ha il compito storico di richiamare in modo forte e anche scioccante, contraddittorio a noi cristiani occidentali, secolarizzati e laicizzati (viviamo come se Dio non esistesse) il senso della presenza di Dio in ogni momento della vita dell’uomo e della società, il dovere di essere sottomessi a Dio, il forte senso di appartenenza ad una comunità religiosa universale, il coraggio di essere testimoni di Dio. E poi la preghiera. Vado a visitare molte famiglie musulmane amiche. Una volta non era prevista la mia visita ed era il tempo della preghiera: ho visto sette uomini in ginocchio che pregavano rivolti alla Mecca. L’islam significa sottomissione a Dio. Noi in Occidente abbiamo perso questo riferimento a Dio e al soprannaturale. Non approviamo certamente uno stato teocratico, ma nemmeno lo spirito comune della società occidentale, che pensa di fare a meno di Dio per risolvere i problemi dell’uomo.

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Piero Gheddo

Mondo e Missione – marzo 2007

 

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