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Foto di Mike Wall da Pixabay

Nel messaggio per la Quaresima 2006 Benedetto XVI scrive: “Il primo contributo che la Chiesa offre allo sviluppo dell’uomo e dei popoli non si sostanzia in mezzi materiali o in soluzioni tecniche, ma nell’annunzio della verità di Cristo che educa le coscienze e insegna l’autentica dignità della persona e del lavoro”. E’ una verità che corrisponde all’esperienza dei missionari. In genere si attribuisce il sottosviluppo dei popoli a fattori materiali, tecnici, politici, economici, ignorando le cause profonde che sono religiose e culturali. Quante volte mi chiedono: “Perché andate a predicare il Vangelo a popoli che muoiono di fame?”. Rispondo che facciamo anche altro, ma siamo convinti che tutti i popoli hanno bisogno di conoscere il vero Dio rivelato da Gesù Cristo. Spesso mi stupisco del fatto che anche i missionari, ritornati in Italia dopo aver fatto un’esperienza fra i non cristiani, non osano dire (o scrivere) questa verità con chiarezza. Non è facile andare controcorrente nella nostra società laicizzata e materialista, ma se non ci crediamo noi a quello che facciamo, come possono i giovani essere attirati dalla nostra vocazione?

Nel viaggio in Senegal (dicembre 2005) padre Giancarlo Todesco OMI (Oblati di Maria Immacolata) mi parla del suo popolo: “E’ gente semplice, cordiale e buona, ma hanno veramente bisogno di Cristo e del Vangelo. Un esempio: l’atteggiamento nefasto che hanno di fronte alla malattia: credono in Dio, ma anche nelle forze misteriose degli spiriti e nel malocchio. Se uno muore, bisogna sapere a causa di chi è morto per punirlo. 15-20 anni fa, mentre ero in un villaggio pagano sento gridare e corro assieme alla gente. Un bambino è morto per il morso del “serpente invisibile”: le morti misteriose sono attribuite ad un serpente invisibile mandato da una persone che ti vuole male.

Il papà e la mamma del bambino hanno chiesto al capo villaggio di sapere chi è stato a mandare il serpente. Il villaggio si riunisce, il capo villaggio e gli anziani si ritirano nel bosco, dove con vari riti tradizionali chiedeno agli spiriti degli antenati chi è il colpevole. A mezzanotte il villaggio ritorna in piazza, urlando e con in mano un bastone. Nella notte illuminata dalla luna, ti assicuro che facevano paura. Il capo villaggio chiede che il corpo del bambino morto al mattino sia portato e messo su una stuoia e dice: “Il papà e la mamma mi hanno chiesto di conoscere chi ha mandato il serpente invisibile ad uccidere il bambino. Non andiamo lontano a cercarlo, perché è uno della vostra famiglia”. I parenti a uno a uno si sono stesi sul bambino. Quando la zia materna si è stesa sul bambino. il capo villaggio ha indicato in lei la colpevole! Tutti si sono messi a gridare e si sono avventati sulla povera donna per ucciderla a bastonate. Il papà del bambino si è messo tra la donna che tremava tutta e la folla minacciosa e ha detto: “Ringrazio il capo villaggio e gli anziani di aver scoperto la colpevole, ma essendo una della famiglia mi prendo io tutte le responsabilità e risolveremo noi il problema”. A poco a poco la gente se ne è andata. Il giorno dopo, quella famiglia è partita e non l’hanno più vista. Sono emigrati chissà dove, forse temendo la vendetta del villaggio se non avesse ucciso la donna. Ho assistito a questa scena drammatica e barbara in un villaggio pagano.

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Con questo tipo di credenze e di mentalità radicate nella cultura tradizionale, non è possibile lo sviluppo della persona umana e del popolo. E’ quel che diceva la beata Madre Teresa: “La più grande disgrazia dell’India è di non conoscere Gesù Cristo”. Parole assurde di fronte ad un paese di un miliardo e più di abitanti, con immensi problemi da risolvere? Ma Benedetto XVI la cita nel suo Messaggio, poiché noi crediamo, e la storia ce lo dimostra ampiamente, che “il primo contributo che la Chiesa offre allo sviluppo dell’uomo e dei popoli… (è) l’annunzio della verità di Cristo”. Il nostro tempo, con tutte le delusioni che ci riserva ogni giorno il fallimento delle ricette e degli sforzi per aiutare i popoli poveri, ci invita a prendere sul serio la parola di Benedetto XVI, che riprende quanto diceva Giovanni Paolo II: “Lo sviluppo dell’uomo viene da Dio, dal modello di Gesù uomo Dio, e deve portare a Dio” (Redemptoris Missio, 59).

Piero Gheddo

aprile 2006

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