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WDKrause, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons

La rinunzia di Benedetto XVI al Pontificato l’11 febbraio scorso ha colpito e sconcertato molti cattolici. Ma si è capito subito che questo atto imprevisto è stato un atto di saggezza ispirato dallo Spirito Santo, perché Papa Benedetto ha detto: “Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino”. Così ha rinunziato, “in piena libertà, al ministero di Vescovo di Roma, Successore di Pietro, per il maggior bene della Chiesa”. E nell’ultimo Angelus domenica 25 febbraio ha detto ai centomila fedeli che affollavano Piazza S. Pietro e Via Conciliazione: “Il Signore mi chiama sul monte a pregare, a meditare, a riflettere. Non abbandono la Chiesa. Rimarrò nascosto al mondo, ma sarò con voi sempre nella preghiera e nell’amore di Dio”.

Un saluto commovente prima di ritirarsi nel convento di clausura. Noi dobbiamo rimanere con lui nella preghiera sul monte e ricordare la preziosa eredità di saggezza cristiana che ci ha lasciato. E quello che, senza la pretesa di dire tutto, cerco di delineare questa sera in questa catechesi, che si svolge in tre punti:

  1. Il Papa teologo e la priorità della fede oggi.
  2. Incontro e dialogo con l’Europa e il pensiero moderno.
  3. La missione alle genti e il dialogo con l’islam.
  1. Il Papa teologo e la priorità della fede oggi

L’immagine che Papa Benedetto ha dato di sè è quella di un uomo mite e timido, ma con grandi doti di pensiero e capace di parlare e scrivere in modo chiaro, semplice, comprensibile ai dotti e ai semplici. Dopo Giovanni Paolo II, che si caratterizzava come “il catechista del mondo intero” perché rimbalzava da un capo all’altro della terra per annunziare il Vangelo a tutti i popoli, lo Spirito ha suscitato un Papa che ha volto la sua attenzione e la sua guida soprattutto al tema della fede, visto come prioritario perché, come scriveva nella lettera ai vescovi sulle polemiche circa la  revoca della scomunica ai vescovi lefevriani (marzo 2009): “Oggi, in vaste zone della terra, la fede è nel pericolo di spegnersi come una fiamma che non trova più nutrimento”. E ancora: “Il vero problema in questo nostro momento della storia è che Dio sparisce dall’orizzonte degli uomini”.

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Benedetto XVI ha messo al primo posto la fede, prima ancora dell’istituzione ecclesiastica. La Chiesa è certo indispensabile per diffondere la Parola di Dio e comunicare la salvezza in Cristo, perché il Signore ha voluto aver bisogno degli uomini. Ma se alla radice va diminuendo la fede proprio nei popoli cristiani e cattolici da duemila anni, quale messaggio si può ancora trasmettere e testimoniare ai cristiani non credenti e ai popoli non cristiani? Nei suoi quasi otto anni di Pontificato, come Papa teologo per 24 anni prefetto della Congregazione per la fede, sul tema della fede Benedetto XVI ha dato tutto se stesso. Il suo si potrebbe anche definire “un Pontificato di scopo”, per riportare anzitutto cristiani alla fede in Cristo.

La tre encicliche sulla fede cristiana

In un tempo di grande confusione di idee, quando non si sa più cos’è il cristianesimo. Papa Benedetto ha voluto precisare bene i contenuti essenziali della fede cristiana. Il suo prezioso insegnamento è nelle sue tre encicliche e nei tre volumi della Vita di Cristo, testi che ho ripreso in mano in questi giorni e vi ho ritrovato una catechesi e una pedagogia della fede per l’uomo moderno che non hanno uguali.

E’ vero, esiste anche il “Catechismo della Chiesa cattolica” voluto e pubblicato da Giovanni Paolo II nel 1992, preparato da una Commissione internazionale di biblisti e teologi, sotto la direzione di mons. Rino Fisichella. Opera che presenta un’esposizione organica e sintetica dei contenuti essenziali e fondamentali

della dottrina cattolica sia sulla fede che sulla morale ed ha avuto il merito di conservare e quasi codificare il deposito della fede che ha le sue radici nella Parola di Dio e nella Tradizione di duemila anni di cristianesimo.

Le tre encicliche di Benedetto XVI sono invece la risposta molto concreta alle aspirazioni ed esigenze dell’uomo d’oggi che è alla ricerca di Dio. Tutti gli uomini credono, in Dio, ma non lo conoscono e nel nostro mondo secolarizzato molti non credono, per tanti motivi, in Gesù Cristo, Dio fatto uomo per salvarci.

1 ) Nella prima enciclica “Deus Caritas est” (Dio è Amore, 2006), Benedetto XVI non parla della fede nei suoi vari aspetti, ma presenta il Dio che Gesù Cristo è venuto a rivelarci e in cui i cristiani credono, che è Amore. L’identità di Dio, profonda e consolante per l’uomo, è questa: “Dio è Amore”.

Benedetto XVI scrive: “In un mondo in cui al nome di Dio viene collegata a volte la vendetta o perfino il dovere dell’odio e della violenza, questo è un messaggio di grande attualità e di significato molto concreto” (n. 1). L’esistenza di Dio è alla base della fede religiosa e la rivelazione che Dio è Amore, come ci ha dimostrato Gesù con la sua vita e il suo Vangelo, contiene già la sintesi del cristianesimo. Il vocabolo “Amore” ha due dimensioni complementari (nn. 3-10):

  1. Eros, che richiama la dimensione terrena e sensuale dell’amore tra marito e moglie, viene anch’esso da Dio che ha creato uomo e donna come persone complementari nel generare i figli e nel darsi piacere a vicenda. Un amore che unisce saldamente due persone nell’aiutarsi e condividere la vita.
  2. Agape, è l’amore disinteressato, che non attende alcuna ricompensa, come la carità gratuita delle missioni cristiane tra popoli poveri che spesso i non cristiani non capiscono. “Perché avete fatto questo ospedale così moderno ed efficiente tra i paria che vi danno nulla e non l’avete fatto ad Hyderabad, la grande metropoli vicina dove molti ricchi verrebbero a farsi curare e vi ricompenserebbero bene?”. Per la carità gratuita Gesù ha promesso la vita eterna e presenta il cristianesimo meglio di qualsiasi discorso o documento.

L’Amore di Dio all’uomo diventa poi amore tra gli uomini e porta alla pace, perché getta nell’animo umano i germi di bontà per sconfiggere l’egoismo, cioè il peccato; e crea la comunità degli uomini redenti da Cristo, che vivono (megli, dovrebbero vivere) in pace e in spirito di fraternità e solidarietà. L’enciclica è divisa in due parti: nella prima il Papa parla di Dio che ama gli uomini e tutto il creato; nella seconda del compito della Chiesa, di creare attraverso la carità per tutti gli uomini, specialmente i più piccoli e marginali, quella “comunità d’amore” che deve vivere di Cristo e testimoniarlo a tutti gli uomini attraverso l’esercizio della carità.

2) La seconda enciclica “Spe Salvi” (“Spe salvi facti sumus”, Siamo stati salvati nella speranza, 2007), afferma che la fede dà la speranza della Vita eterna con Dio e anche della felicità umana in questo mondo. Concetto non facile, che ridotto in termini comprensibili significa: senza la speranza che dà all’uomo il Dio rivelato da Gesù Cristo che è Amore, l’uomo stesso non può vivere bene, perché, come scrive il Papa: “Solo quando il futuro è realtà positiva, diventa vivibile anche il presente… Chi ha speranza vive diversamente, gli è donata una vita nuova” (n. 2).

Il cristianesimo non è solo comunicazione della “Buona Notizia”, ma infusione della forza della fede che dà la speranza nella Vita eterna e nella Provvidenza divina in questa vita. La speranza cristiana non è “in qualcosa”, ma “in Qualcuno”. “Gesù Cristo non era Spartaco o Barabba, anzi è morto Egli stesso in Croce”; ma ci ha condotti all’“incontro con il Dio vivente e così l’incontro con una speranza che era più forte delle sofferenze della schiavitù e che per questo trasformava dal di dentro la vita e il mondo… Anche se le strutture esterne rimanevano le stesse, questo cambiava la società dal di dentro” (n. 4).

3) Benedetto XVI spiega il significato della terza enciclica “Caritas in veritate” (2009). In sintesi dice: Dio, che è Amore, ha creato l’uomo per amore e gli ha dato la Legge di amare Dio e il prossimo (10 Comandamenti e Vangelo). Quindi, per essere autentico e disinteressato l’amore dell’uomo deve accettare la Verità di Dio. Senza la fede e la speranza cristiana, non è possibile l’autentico amore all’uomo, che porta al vero umanesimo. Semplicemente perché l’uomo è stato creato da Dio e deve ritornare a Dio.

L’enciclica è lunga e complessa, ma la storia prova ampiamente questo fatto: che dal Vangelo e dall’esempio di Cristo (Dio fatto uomo) sono venuti all’umanità quelle idee e modelli di rivoluzione benefica che ha portato al progresso moderno e ai diritti dell’uomo contenuti nella “Carta dei diritti” proclamata nel 1948 dall’Onu. Ho provato questa verità non più di fede ma storia, nel volume “Meno male che Cristo c’è – Vangelo, sviluppo e felicità dell’uomo – Scritto con Gerolamo Fazzini”, Lindau, Torino 2012 (pagg. 330).

I tre volumi su “Gesù di Nazaret”

Oltre alle tre encicliche, i tre volumi sulla vita di Cristo (“Gesù di Nazaret”) riportano al centro del cristianesimo Gesù Cristo. In duemila anni, le vite di Cristo sono parecchie migliaia. Ma in ogni epoca storica è sempre necessario riscrivere avventura di Dio che si fa uomo, perché anche oggi come già nei primi secoli della Chiesa, quel che “fa problema” nel cristianesimo non sono i suoi precetti morali, la presenza della Chiesa in tanti campi a servizio dei poveri, dei popoli abbandonati, della pace e della giustizia. No, fa proprio problema il Gesù Cristo storico.

Lo scriveva San Paolo (1 Cor 1, 23): “Noi annunziamo Cristo crocifisso e questo messaggio scandalizza gli ebrei ed è pazzia per i greci”. A partire dall’inizio del Novecento si sono diffuse certe concezioni errate su Gesù Cristo che hanno lanciato una molteplicità di interpretazioni e di falsi storici, per cui il valore storico del Vangelo non è più riconosciuto. I tre volumi di Papa Benedetto sono sulla storicità dei Vangeli, messa in dubbio oggi anche nella Chiesa stessa. Questo ha allontanato anche non pochi credenti dalla verità che la Chiesa professa nel Credo da duemila anni.

Con i tre volumi su Gesù Cristo, Benedetto XVI ha voluto liberare il Figlio di Dio da tutte le ombre, i dubbi, le menzogne che hanno oscurato il Volto di Gesù, che è il Volto di Dio. E questo non a partire dalla fede, ma dalla ragione, dalla ricerca storico-critica. Ecco perchè sono un grande dono che il Papa ha fatto a tutti, perchè presentano in termini rigorosamente storici e scientifici quello che sappiamo di Cristo come personaggio storico secondo tutte le ricerche scientifiche, in modo che, scrive il Papa stesso, “possa essere utile a tutti i lettori che vogliono incontrare Gesù e credergli” (Premessa del secondo volume).

Una piccola esperienza personale. Alcuni anni fa sono stato invitato ad un incontro italiano di volontari cattolici, in missione nel Sud del modo, per parlare dell’identità del volontariato cristiano internazionale. Citando Giovanni Paolo II dicevo che la loro identità è determinata dal loro titolo: “Siete volontari cristiani e per servire meglio il popolo al quale siete mandati, coltivate nella vostra vita la fede e la preghiera, affinchè il vostro lavoro sia benedetto da Dio e sia efficace nella promozione del vostro popolo. E date anche testimonianza della fede in Cristo, che è la ricchezza più grande che portate con voi”. La presidente di quell’assemblea mi ha ringraziato, ma ha aggiunto: “Non è importante credere in Cristo, l’importante è amare i poveri”.

Il mondo laicista e praticamente ateo in cui viviamo, riduce la fede in Cristo ad un insieme di regole morali e di riti religiosi, un hobby personale che non ha importanza nella vita dell’uomo. Papa Benedetto ha invece insistito sul fatto che la fede è l‘incontro con la persona di Gesù Cristo, l’esperienza dell’amore a Cristo. Gesù è stato il primo e il maggior evangelizzatore, si è proposto lui stesso come Figlio di Dio e mediatore tra Dio e l’uomo. La Chiesa deve annunziare Cristo cercando in ogni modo di far incontrare le persone con Gesù Cristo, perché il cristianesimo è conoscere e credere in lui, amare lui, imitare lui, che è l’unica ricchezza che abbiamo.

La fede non è un libro, ma una persona, Gesù Cristo. Quindi per rievangelizzare il nostro popolo dobbiamo ripresentargli Cristo, Figlio di Dio e unico Salvatore dell’uomo e dell’umanità. Questo il punto di partenza ed è importante perché molti italiani non hanno le idee chiare su cosa è il cristianesimo.

L’Anno della Fede nei 50 anni del Concilio

Nella cultura e mentalità del tempo in cui viviamo, la fede in Cristo vero Dio che si è fatto uomo per salvarci dal peccato e dalla morte eterna, rischia di diventare un tema tabù, di cui non si parla mai o quasi mai, nei mass media, nelle scuole, nei discorsi di personalità pubbliche, nelle conversazioni normali di ogni giorno. La fede in Cristo, non è negata, ma praticamente ignorata da una società che vive “come se Dio non esistesse”. Giornali e televisioni si interessano della Chiesa, ma volando basso: danno risalto ai problemi istituzionali (collegialità episcopale, la Curia romana, il celibato sacerdotale) o agli scandali veri o supposti che ogni tanto scoppiano anche nella Chiesa, fatta da uomini peccatori. La fede in Cristo e il valore aggiunto che ha per la vita dell’uomo semplicemente non esistono.

Ecco le due iniziative di Benedetto XVI per riportare almeno i cristiani a pregare e confrontarsi con il dono Dio ha dato loro con il Battesimo:

Il 28 giugno 2010 istituiva il “Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione”, affidandone la guida a mons. Rino Fisichella, e nel settembre 2010 pubblicava la Lettera apostolica “Ubicumque et semper”, con la quale spiegava che compito affidava al nuovo organismo della Santa Sede: per “offrire delle risposte adeguate affinchè la Chiesa intera, lasciandosi rigenerare dalla forza dello Spirito Santo, si presenti al mondo contemporaneo con uno slancio missionario in grado di promuovere una nuova evangelizzazione”; e ne nominava il Presidente, mons. Rino Fisichella. Nel settembre 2010, Benedetto XVI compiva due atti che andavano in questa stessa direzione:

  1. Proclamava un “Anno della Fede” (11 ottobre 2012, inizio del Vaticano II – 24 novembre 2013, Festa di Cristo Re) e pubblicava la Lettera apostolica “La Porta della Fede”, per invitare le Chiese locali e i battezzati a riflettere sul dono della fede ricevuto da Dio e a convertirsi a Gesù Cristo, testimoniandolo nella dei singoli credenti e nelle comunità ecclesiali.
  2. Convocava, per l’ottobre 2012, il Sinodo episcopale per riflettere sul tema “La Nuova Evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”, che si è svolto in Vaticano dal 7 al 28 ottobre.

Una solenne e proficua Assemblea di tre settimane con la partecipazione di 262 vescovi da ogni parte del mondo, delegati a rappresentare i circa 4.200 vescovi della Chiesa cattolica. Si è discusso su come trasmettere la fede oggi ai popoli già cristiani, ma che si stanno allontanando dalla fede e dalla vita cristiana. Leggendo gli interventi dei vescovi e le conclusioni dei gruppi di studio, risulta chiaro che i Padri sinodali hanno esplorato a fondo il tema, producendo un quantità di iniziative e proposte, non poche di esse davvero interessanti. Un avvenimento d’importanza capitale per le Chiese d’antica cristianità, perché ha ribadito con forza che l’evangelizzazione è la comunicazione personale della fede in Gesù Cristo, superando la mentalità comune che è la struttura e il vertice della Chiesa (Papa, vescovi, preti) che debbono operare con varie iniziative. Invece, è anzitutto la fede che si vive e quindi si comunica con gioia ed entusiasmo.

E interessa anche i missionari fra i non cristiani, perchè anche nei paesi che vivono ancora in una cultura profondamente religiosa (in Africa e Asia) si sta diffondendo la secolarizzazione e anche in quelle società Dio sta scomparendo dall’orizzonte di quei popoli. E’ un processo credo inevitabile che l’Occidente sta vivendo, ma che prima o poi si diffonderà ovunque anche se con diversi risultati.

Nell’ omelia della Messa per cgiudere il Sinodo dei vescovi (28 ottobre 2012), Benedetto XVI parlò dell’urgenza di annunciare nuovamente Cristo là dove la luce della fede si è indebolita, là dove il fuoco di Dio è come un fuoco di brace, che chiede di essere ravvivato, perché sia fiamma viva che dà luce e calore a tutta la casa”. Però,

con la rinunzia di Papa Benedetto al Pontificato, il Sinodo non avrà “L’esortazione post-sinodale sulla Nuova Evangelizzazione”, affidata al prossimo Pontefice.

La fede porta la gioia di vivere

Il 4 agosto 2012, la diocesi di Monaco ha portato a Castelgandolfo un buon numero di fedeli, che hanno festeggiato Benedetto XVI per il suo 85° compleanno, eseguendo musiche, canti e danze della tradizione bavarese. Il Papa ha ringraziato e ha detto: “La cultura bavarese è una cultura allegra,imbevuta di gioia. Nasce da un’interiore accettazione del mondo, da un Sì interiore alla vita, che è un Sì alla gioia”; e ha continuato dicendo che la Baviera è una terra così bella, “che diventa facile riconoscere che Dio è buono ed esserne felici”. E quasi rispondendo ad una obiezione ha continuato: “Qualcuno potrebbe dire: Ma è lecito essere così gioiosi quando nel mondo esiste tanto dolore e tanto male? La risposta è ancora: Sì! Perché dicendo No alla gioia non rendiamo un servizio ad alcuno, rendiamo solo il mondo più oscuro. E chi non ama se stesso non può dare nulla al prossimo, non può aiutarlo, non può essere messaggero di pace”.

Papa Benedetto ha orientato in tanti modi la Chiesa e i fedeli a percorrere il cammino verso il Dio dell’amore e della misericordia, un cammino che coinvolge tanto l’intelligenza quanto il cuore. Infatti la fede è l’incontro con una Persona viva, il Cristo risorto, uomo-Dio, che manifesta all’uomo l’Amore dell’unico Dio. La fede, come esperienza dell’Amore di Dio, dà speranza e Carità verso tutti; e produce comunione fra gli uomini e con Dio e quindi anche la serenità e la gioia di vivere.

Ecco una delle grandi eredità di Benedetto XVI: la fede riempie il cuore di gioia, perché sappiamo che Dio è buono e ci vuole bene. San Paolo ha scritto (2 Cor 7, 4): “Malgrado tutte le sofferenze, Dio mi riempie di gioia e di consolazione”.

Ho scritto 15 biografie di missionari degni di essere conosciuti come personaggi esemplari e in tutti ho riscontrato un fatto comune: erano uomini realizzati, felici, che diffondevano attorno a sé gioia e amore, nonostante le molte sofferenze, difficoltà, persecuzioni subite. Credo sia impossibile trovare un Santo o un Beato triste, depresso (se non forse per brevi periodi), che muore disperato e non invece sereno, quasi felice, perché chi crede sa che la morte è solo il doloroso passaggio dalla vita terrena alla Via eterne in seno al Padre misericordioso che sta nei Cieli. E tanto più questa fede è forte e convinta, tanto più rende sereni, fiduciosi e “dà una marcia in più” al credente, per vivere bene nella vita di tutti i giorni.

II) Incontro e dialogo con l’Europa e il pensiero moderno

Dopo la sua rinunzia di Benedetto XVI al Pontificato, il card. Kasper ha dichiarato: “Passerà alla storia per tutto ciò che ha fatto. Ha confortato e consolidato la fede della Chiesa. E lascia un’eredità enorme, ricchissima. Probabilmente non avremo presto un altro Papa di questo livello intellettuale e spirituale”.

Si può aggiungere che è stato un Papa cordialmente e totalmente aperto al dialogo col pensiero e la cultura del mondo moderno. Ha voluto dare subito dei segni non equivocabili in questo senso quando, nell’estate del 2005 (sono solo due esempi significativi), riceve a pranzo e in udienza privata per molte ore Hans Kueng, il teologo compagno e avversario di Ratzinger (continua tuttora a sostenere che come Pontefice valeva poco) e la scrittrice Oriana Fallaci, non credente ed esponente del giornalismo laico e laicista.

L’Europa non riconosce le sue radici cristiane

Mezzo secolo dopo la firma dei Trattati di Roma, che nel 1957 iniziarono quella che oggi è la Comunità Europea, Benedetto XVI ha formulato sull’Europa una diagnosi severa, accusandola di essere “apostata da se stessa prima ancora che da Dio”, fino a “dubitare della sua identità”. Questo ha detto il 24 marzo 2007 a cardinali, vescovi e uomini politici che a Roma prendevano parte ad un convegno sul tema “Valori e prospettive per l’Europa di domani”.

Com’è noto, l’Europa è stata al centro delle riflessioni del card. Ratzinger negli ultimi vent’anni prima di diventare Papa, quand’era prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Condivideva in questo le idee e le battaglie di Giovanni Paolo II che si impegnava in ogni circostanza possibile, affinchè nella Costituzione europea si riconoscessero le “radici cristiane” della cultura e dello sviluppo civile e sociale dei popoli europei: la sua Costituzione apostolica “Ecclesia in Europa” (2003) è ancor oggi un testo fondamentale su questo tema. E il card. Ratzinger, nella conferenza al Monastero di San Benedetto a Subiaco il 1° aprile 2005 (18 giorni prima di diventare Benedetto XVI), su “L’Europa nella crisi delle culture”, affermava con forza e documentava rigorosamente il dato di fatto storico che l’Europa, come la conosciamo oggi, se si allontana dal cristianesimo si dissolve, non esiste più. Il card. Ratzinger ricordava tre aspetti:

  • In Europa le morti superano le nascite e questa è una via che sembra incamminare i popoli europei verso “il congedo dalla storia”.
  • Questo dato di fatto favorisce la decrescita economica, oltre ad un pericoloso egoismo nazionale e negli europei una perdita di fiducia nel proprio avvenire.
  • Non si può pensare di costruire per i popoli d’Europa un’autentica “casa comune”, se si trascura l’identità propria dell’Europa, da cui ripartire.

Il card. Ratzinger proseguiva affermando che l’identità dell’Europa è storica, culturale e morale, prima ancora che geografica, politica, economica; ed è costituita da un insieme di valori universali che il cristianesimo ha ispirato ed ha aiutato a sviluppare fino a dar vita al mondo moderno. Se questi valori dovessero venir meno, non essendo più riconosciuti e rispettati, come potrebbe l’Europa essere ancora “lievito” per il mondo intero? Per rafforzare e riaffermare questa sua vocazione storico-mondiale, diceva il card. Ratzinger deve riconoscere i proprie radici cristiane e rivalutare quei “valori universali e assoluti”, ai quali sembra credere sempre meno: valori codificati nella “natura umana stabile e permanente, fonte di diritti comuni a tutti gli individui, compresi coloro stessi che li negano”. Dal rifiuto di questi valori universali e immutabili vengono le leggi che in molti paesi europei feriscono la dignità della vita umana e della famiglia. In pratica, per riferirci ai nostri tempi, quei “valori irrinunciabili” sui quali hanno tanto insistito Benedetto XVI, il card. Bagnasco e la CEI, anche come criterio primario di valutazione per le votazioni politiche1:

  • Il valore assoluto della vita umana dal concepimento alla morte naturale (no all’aborto e all’eutanasia);
  • Il matrimonio tra uomo e donna (no al riconoscimento legale dell’unione omosessuale e delle “coppie di fatto conviventi”);
  • Il valore dell’unione sessuale tra marito e moglie per avere un figlio (no all’inseminazione artificiale ed eterologa);
  • Il diritto alla libertà di educazione (i figli li educano i genitori, non lo stato. Quindi, no al privilegiare la scuola pubblica rispetto alle scuole private che sono paritarie e rispettano i paradigmi di insegnamento dello stato).

Benedetto XVI e la sfida del nostro tempo: Fede e Ragione

Un aspetto importante del magistero di Papa Benedetto è stato di affrontare direttamente il rapporto tra Fede e Ragione umana, affermando che la Fede in Cristo non solo non ha nulla da temere dalla Ragione, ma anzi è proprio fondata da un lato sulla Ragione, dall’altro sul Mistero di Dio, che non si può dimostrare logicamente, ma non è contraddittorio secondo la Logica umana. L’uomo non può capire Dio, perchè fra Creatore e Uomo creato da Lui c’è un abisso incolmabile!

Quanti discorsi e testi ha fatto Papa Benedetto sul tema di Fede e Ragione! Nella lunga intervista al giornalista Peter Seewald, il Papa afferma2: “Io penso che Dio, scegliendo come Papa un professore, abbia voluto mettere in risalto proprio questo elemento della riflessività e della lotta per l’unità tra fede e ragione”.    

Perchè il Papa si è tanto preoccupato di dimostrare che tra fede e ragione non c’è contrasto? Il motivo è facile da capire. Volendo rievangelizzare i popoli europei e studiando la storia dell’Europa cristiana, ha visto che il pensiero europeo fino al 1500 era sostanzialmente unito, tra Vangelo e Ragione non c’era rottura, i grandi” (in tutti i sensi) di quei tempi erano tutti religiosi e cristiani. Certo sempre peccatori, ma avevano il senso della presenza di Dio nella vita dell’uomo.

La rottura tra Fede cristiana e Ragione è avvenuta nel Settecento con l’Illuminismo, che affermava: il peccato originale non esiste, l’uomo nasce buono, lo corrompe la società; la religione è nemica della libertà dell’uomo. Dio non esiste e se esiste non lo conosciamo; Dio non si è manifestato. L’uomo deve costruire il suo futuro con la sola Ragione.

L’Illuminismo voleva costruire un “uomo nuovo” e un “mondo nuovo” con la sola Ragione (la Dea Ragione!), facendo a meno della Fede in Dio e in Cristo. Questo orientamento ha poi suscitato numeros teorie e ideologie, che hanno allontanato i popoli europei dal cristianesimo. Fino al punto, ha scritto il card. Ratzinger, che “l’Europa ha sviluppato una cultura che, per la prima volta nella storia dell’umanità, esclude Dio dalla coscienza pubblica”.

Nel Novecento i due movimenti rivoluzionari, Comunismo e Nazismo, erano ambedue atei, hanno perseguitato le Chiese cristiane, specialmente la cattolica e hanno portato ai campi di sterminio nazisti e ai gulag staliniani. Per creare l’uomo nuovo, rifiutavano Dio che ha creato tutti gli uomini!

Il relativismo porta al nichilismo

Oggi l’Europa rivive l’esperienza della Torre di Babele. Molte lingue molte idee per dare all’Europa una Costituzione. Quale lingua usare per intendersi? Benedetto XVI ha dato la risposta giusta: la lingua della Ragione. E questo in alcuni dei suoi discorsi più importanti sulla scena europea, che hanno suscitato interesse e dibattiti: a Ratisbona (settembre 2006), al Collège des Bernardins a Parigi (12 settembre 2008), all’Assemblea dell’ONU (18 aprile 2008), alla Westminster Hall a Londra (17 marzo 2010). Al Bundestag tedesco (22 settembre 2011) Papa Benedetto ha spiegato come si è formata la cultura europea e ha detto:

1) “La cultura dell’Europa è nata dall’incontro tra Gerusalemme, Atene e Roma – dall’incontro tra la fede in Dio di Israele, la ragione filosofica dei Greci e il pensiero giuridico di Roma. Questo triplice incontro forma l’intima identità dell’Europa”.

2) Nella storia dell’umanità gli ordinamenti giuridici, per decidere ciò che è bene e ciò che è male, sono stati quasi sempre motivati sulla base di un riferimento alla Divinità. Invece, “il cristianesimo non ha mai imposto allo Stato e alla società un diritto sulla base della Rivelazione di Dio, ma ha rimandato alla Natura (la “legge naturale” inserita da Dio nella coscienza dell’uomo) e alla Ragione le vere fonti del Diritto, creando un’armonia che però presuppone l’essere ambedue le sfere fondate nella Ragione creatrice di Dio”.

3) “E’ sulla base della convinzione circa l’esistenza di Dio Creatore, che sono state sviluppate l’idea dei diritti umani, l’uguaglianza di tutti gli uomini davanti alla legge, la conoscenza dell’inviolabilità della dignità umana in ogni singola persona e la consapevolezza della responsabilità degli uomini per il loro agire. Queste conoscenze della ragione costituiscono la nostra memoria culturale. Ignorarla o considerarla come mero passato sarebbe un’amputazione della nostra cultura nel suo insieme e la priverebbe della sua interezza”.

Il problema del rapporto tra Fede e Ragione è filosoficamente molto complesso e non si risolve in poche battute. Il Papa l’ha sviluppato in numerosi discorsi e incontri anche con personalità della cultura europea (Marcello Pera, Juergen Habermas) sempre per affermare che la cultura e i valori europei derivano in parte dalla Rivelazione di Dio contenuta nella Bibbia e nel Vangelo; e proprio queste idee e valori rendono la civiltà europea unica in tutto il mondo, cioè l’unica universalizzabile, come dimostra la Carta dei Diritti dell’uomo dell’Onu che è basata appunto su questi principi e valori dell’Europa cristiana.

Noi oggi viviamo con sofferenza in una società che ha ereditato la rottura tra Fede e Ragione. In altre parole, viviamo in paesi, società e governi nei quali Dio e il senso religioso della vita sono scomparsi, non dalla coscienza di chi crede, ma dalla vita pubblica, dai mass media, dalle scuole, dalla cultura secolarizzata, dalla politica, ecc.; con risultati fortemente negativi. Alcuni esempi:

1) Relativismo: non esiste una verità assoluta sull’uomo e sul destino dell’uomo. L’uomo è dotato di ragione e deve lui stesso comprendere i principi e le leggi con le quali vivere bene e ottenere la felicità, la pace, la giustizia. Il card. Ratzinger ha scritto3 che “il relativismo è diventato la vera e propria religione dell’uomo moderno…. esso è il problema più grande della nostra epoca”.

2) Nichilismo. Il relativismo porta inevitabilmente alla perdita di ogni valore e di ogni senso della vita. Se non esiste più una verità assoluta non esistono più valori assoluti, quindi nulla per cui valga la pena di spendere la vita: tutto diventa relativo, transitorio, passeggero: la vita dell’uomo è senza senso, è una corsa verso il nulla, cioè la morte senza alcuna speranza. Quante persone ho conosciuto, soprattutto anziani che sentono vicina la tragedia della morte e si chiedono perché sono vissuti, che senso ha la vita. Indro Montanelli, col quale ho avuto un lungo rapporto di collaborazione al suo “Giornale”, mi diceva: “Tra noi due il fortunato sei tu perché hai la fede e sei sempre sorridente e contento. Io non ce l’ho e soffro di depressione e d’insonnia. Compio gli ottant’anni e tutti mi lodano. Ma mi chiedo: cosa sarà di me dopo la morte? Dove andrò a finire? Perché sono vissuto?”.

3) Materialismo, consumismo. La vita volta unicamente ai beni terreni, che la nostra società ha moltiplicato: soldi, potere, fama, sesso, apparenza. Se non c’è più Dio, non c’è più la Provvidenza di Dio e uno si fida solo di se stesso, non c’è più la Giustizia di Dio e ciascuno si fa una sua morale personale che inevitabilmente non gli dà la gioia di vivere. Si diventa tutti più egoisti, chiusi in noi stessi, freddi, aridi di sentimenti, incapaci di cordialità e di umanità.

4) Il rifiuto di Dio e di Cristo porta a effetti negativi anche in campo economico e sociale. Diminuzione dei matrimoni (non si vuol prendere impegni per le vita!) e delle nascite. Noi italiani diminuiamo di circa 110-120.000 compatrioti all’anno perchè le morti superano le nascite! E tutti sanno che la mancanza di giovani è la causa prima della nostra crisi economica e anche politico-sociale.

Senza Dio l’uomo non ha futuro”

Benedetto XVI ha proclamato più volte che senza Dio l’umanità non ha futuro. L’uomo creato da Dio non è autosufficiente. Nella “Caritas in Veritate” si leggono queste parole dure come pietre tombali: “Senza Dio, l’uomo non sa dove andare e non riesce nemmeno a comprendere chi egli sia… L’umanesimo che esclude Dio è un umanesimo disumano” (n. 78). E spiega perché (n. 11): “Senza la prospettiva di una vita eterna, il progresso umano in questo mondo rimane privo di respiro. Chiuso dentro la storia, esso è esposto al rischio di ridursi al solo incremento dell’avere; l’umanità perde così il coraggio di essere disponibile per i beni più alti, per le grandi e disinteressate iniziative sollecitate dalla carità universale”.

Quel che dice il Papa lo sperimentiamo tutti i giorni nelle nostre società post-cristiane: siamo ricchi, liberi, democratici, istruiti e super-sviluppati, ma senza umanità. Una “civiltà senz’anima”. Quindi: “L’annunzio di Cristo è il primo e principale fattore di sviluppo” (n. 8), il Vangelo è indispensabile “per la costruzione della società secondo libertà e giustizia” (13). Perché indispensabile il Vangelo? Perchè il modello che Gesù rappresenta con la sua vita e la sua parola l’ideale dell’uomo nuovo, aperto a Dio e al prossimo, che ha realizzato in sé la pienezza della natura umana.

Il punto caratterizzante dell’attuale Pontificato è la lotta contro il relativismo e la “dittatura del relativismo”, espressione usata dal cardinale Ratzinger il 18 aprile 2005, alla Messa “pro eligendo romano pontifice”, che è passata alla storia ed è anche il “programma” per il quale fu scelto come nuovo Papa. Rileggiam quella pagina che rappresenta bene il suo pensiero:

Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero… Dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all’individualismo radicale; dall’ateismo ad un vago misticismo religioso; dall’agnosticismo al sincretismo e così via. Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare ‘qua e là da qualsiasi vento di dottrina’, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie. Noi, invece, abbiamo un’altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo. É lui la misura del vero umanesimo. ‘Adulta’ non è una fede che segue le onde della moda e l’ultima novità; adulta e matura è una fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo”.

La battaglia contro il relativismo è una battaglia interna alla Chiesa, sono gli stessi cristiani a credere che, più o meno, tutte le religioni si equivalgono. E’ una tesi in vari modi sostenuta anche da teologi. E’ molto diffuso, non più solo in campo cattolico e teologico ma in genere nella pubblicistica e negli studi, il “relativismo” che mira ad assumere “i valori evangelici” (pace, perdono, fraternità, solidarietà, giustizia, eguaglianza, ecc.) dimenticando Cristo; cioè prendono il messaggio ma non il messaggero.

In dialogo nel “cortile dei gentili”

Ringraziando la Curia romana per gli auguri natalizi 2009, Benedetto XVI ha avanzato l’ipotesi di “aprire una sorta di ‘Cortile dei gentili’ dove gli uomini possano in una qualche maniera agganciarsi a Dio, senza conoscerlo”. Questo cortile era esterno al Tempio di Gerusalemme, dove potevano entrare anche i pagani, e il Papa voleva creare un luogo per incontrare con coloro “per i quali la religione è una cosa estranea, ai quali Dio è sconosciuto e che, tuttavia, non vorrebbero rimanere semplicemente senza Dio, ma avvicinarlo almeno come Sconosciuto”. In altre parole, formare un luogo neutro, per poter avviare il dialogo tra credenti e non credenti, che sentono la nostalgia cercano Dio, cioè gli atei e gli agnostici.
Il card. Gianfranco Ravasi, che dirigeva il “Pontificio Consiglio della Cultura”, il 24-25 marzo 2010 ha dato il via al “Cortile dei gentili” a Parigi, alla Sorbona, l’Unesco e l’Académie Française, con la partecipazione di numerose personalità della cultura francese e un notevole successo mediatico; e poi ha continuato con altri incontri in diversi paesi. Il 5-6 ottobre 2012 il card Ravasi ha incontrato ad Assisi personalità delle cultura e della politica italiane, compreso il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, agnostico di formazione marxista4. Nonostante l’interesse della stampa internazionale per questi incontri di alto livello intellettuale, è apparso chiaro che confronti di questo genere finiscono per ripetersi. Ciascuno espone la sua visione della divinità e del mondo, si creano simpatie e amicizie, ma non portano, ed è logico, ad alcuna conclusione.

Per l’incontro del 16-17 novembre 2012 in Portogallo, Benedetto XVI ha mandato ai partecipanti un proprio messaggio, nel quale ha voluto riportare l’iniziativa alla sua finalità originaria: quella di parlare di Dio a chi ne è lontano, risvegliando le domande che avvicinano a Dio, “almeno come Sconosciuto”.
Il Papa ha ricordato che Il Cortile dei gentili è nato nel quadro della Nuova evangelizzazione dell’Europa; quindi non basta sentire cosa dicono gli atei e gli agnostici, occorre comunicare il valore della nostra fede in Dio e in Cristo, «per affermare il valore della vita umana sopra la marea crescente della cultura della morte. La consapevolezza della sacralità della vita ci è affidata, non come qualcosa di cui si può disporre liberamente ma come un dono da conservare fedelmente, infatti appartiene al patrimonio morale dell’umanità».

E ha affermato che “il valore della vita diventa evidente solo se Dio esiste. Perciò, sarebbe bello se i non credenti volessero vivere ‘come se Dio esistesse’. Sebbene non abbiano la forza per credere, dovrebbero vivere in base a questa ipotesi; in caso contrario, il mondo non funziona. Ci sono tanti problemi che devono essere risolti, ma non lo saranno mai del tutto, se Dio non sarà posto al centro, se Dio non diventerà di nuovo visibile nel mondo e determinante nella nostra vita”.

III) Missione alle genti e dialogo con l’islam

Si dice spesso che la Chiesa sta attraversando uno dei momenti più difficili della sua storia. Non è vero, i duemila anni di cristianesimo hanno registrato epoche storiche molto ma molto più difficili, nelle quali sembrava che la Chiesa stesse davvero sfaldandosi e scomparendo, senza più fedeli e con Papi e vescovi poco esemplari; oppure anche tempi di persecuzione violenta che minacciavano di cancellarla dalla storia umana. Oggi viviamo un tempo che dovrebbe rendere ottimisti noi credenti. E’ vero, siamo di fronte a problemi nuovi, di cui tutti soffriamo e che non sappiamo ancora bene come risolvere. La rinunzia di Benedetto XVI al Pontificato ha avuto anche questa motivazione. Ha 85 anni suonati e quasi 86, aveva dato tutto se stesso a Gesù e alla sua Chiesa, si sentiva diminuire il vigore fisico e intellettuale e di fronte ad un “mondo d’oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede”, ha scelto di ritirarsi in preghiera, per lasciare spazio ad un Papa più giovane e più vigoroso.

Mai la Chiesa ha vissuto un tempo migliore

La notizia ha scombussolato non pochi fedeli, ma è stato un gesto di grande saggezza, ispirato dallo Spirito Santo. Papa Benedetto ha detto chiaramente che non abbandona la lotta contro le potenze del male. Si è ritirato sul Monte a pregare e riflettere. Ma la Chiesa cattolica come tale non è mai stata in una situazione migliore di quella attuale. La “globalizzazione” dell’umanità ha portato popoli, religioni e culture ad avvicinarsi, mentre prima erano lontani (“il mondo un solo villaggio”). E questo movimento della storia sta inevitabilmente portando alla ribalta il cristianesimo, che risulta essere l’unica religione veramente universale, cioè che dà risposte ai problemi dell’uomo moderno e quindi adatta a tutti i popoli.

Questa non è un’ipotesi o un augurio, è una realtà già in atto, perché nei continenti non cristiani (Asia, Africa, Oceania) si registra una spinta di popolo verso Cristo e il cristianesimo. Tutti vedono le giovani Chiese cristiane e le loro opere di carità e di educazione specie per gli ultimi, tutti sono a contatto con le comunità e famiglie cristiane che, con tutti i loro difetti e peccati, vivono meglio delle altre. Se le conversioni non sono più numerose è solo perché le religioni tradizionali si identificano con la nazione: “Il vero indiano è solo l’indù” ho letto in numerosi manifesti in tutta l’India. Ma fino a quando questo potrà valere?

Se noi guardiamo alla Chiesa universale e non ci chiudiamo al nostro piccolo buco in cui siamo nati e viviamo; se ci informiamo dellemeraviglie che lo Spirito compie nelle missioni (ecco lo scopo primo della stampa e dell’animazione missionaria!) e non giudichiamo la Chiesa da quanto dicono giornali e televisioni, che danno quasi solo le notizie negative, gli scandali e i pettegolezzi, vediamo appunto che il cristianesimo e la Chiesa oggi vivono in un’epoca fortunata, al di là di tutte le persecuzioni, che proprio loro attirano stima e simpatia ai cristiani. In sintesi:

  • Nel continente africano, dove il cristianesimo è entrato alla fine dell’Ottocento, oggi i cristiani sono circa la metà del miliardo di africanie a sud del Sahara sono la maggioranza. I popoli neri scelgono il cristianesimo.
  • In Asia i cristiani sono il 4-5%, ma la decadenza delle religioni tradizionali (induismo, buddismo, islam, shinto, confucianesimo) rende evidente la superiorità del cristianesimo. Ad esempio in Corea del Sud i cristiani sono il 30% dei 50 milioni di coreani; in Cina i cristiani erano 5 milioni nel 1949 con Mao potere: oggi sono dai 30 ai 40 milioni; così pure in Vietnam e altri paesi.
  • L’Oceania si può definire un continente cristiano, nella pratica assenza (o quasi) di altre religioni.

La più grande persecuzione viene dal peccato nella Chiesa”

L’11 aprile 2010, in volo verso il Portogallo, Benedetto XVI dice ai giornalisti: “Da fuori vengono attacchi al Papa, ma le sofferenze della Chiesa vengono proprio dall’interno, dal peccato che esiste nella Chiesa. Lo sapevamo, ma oggi lo vediamo in modo realmente terrificante: la più grande persecuzione della Chiesa non viene dai nemici fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa e quindi la Chiesa deve reimparare la penitenza, accettare la purificazione… In una parola, dobbiamo reimparare proprio questo essenziale: la conversione, la preghiera, la penitenza”.

Un mese e mezzo dopo, il 29 giugno 2010 Papa Benedetto ritorna sul tema e dice: “Per la Chiesa “c’è un pericolo più grave delle persecuzioni… Il danno maggiore infatti, essa lo subisce da ciò che inquina la fede e la vita cristiana dei suoi membri e la sua capacità di profezia, appannando la bellezza del suo volto”.

Il Papa specifica quali gli “atteggiamenti negativi che possono contagiare la comunità cristiana: egoismo, vanità, orgoglio, attaccamento al denaro”.

Papa Benedetto non è pessimista perché, citando San Paolo (Lettera a Timoteo, 3, 9) è rassicurante: “Gli uomini che operano il male non andranno molto lontano, perché la loro stoltezza sarà manifesta a tutti”. Però ad essere sinceri, queste parole sconvolgono il nostro modo di pensare e di sentirci tranquilli: il male della Chiesa non viene dall’esterno, ma dall’interno della Chiesa stessa. Cioè viene da noi, da ciascuno di noi, dalle nostre famiglie e comunità religiose, parrocchiali, diocesane. Proprio il contrario di quanto diciamo spesso, parlando dei mali del nostro tempo. I colpevoli sono sempre gli altri: gli atei, gli anticlericali, i politici, ecc.

Il card. Ratzinger, nella Messa per l’elezione del Sommo Pontefice (18 aprile 2005) dice: “Dobbiamo essere animati dalla santa inquietudine di portare a tutti il dono della fede, dell’amicizia con Cristo. L’amore di Dio ci è stato dato perché arrivi agli altri…Tutti gli Uomini vogliono lasciare una traccia che rimanga. Ma che cosa rimane? Il denaro no, le costruzioni e i libri nemmeno. Tutte queste cose scompaiono. L’unica cosa che rimane in eterno è l’anima umana. Quindi per noi rimane è perciò quanto abbiamo seminato nelle anime umane: l’amore, il gesto capace di toccare il cuore, la parola che apre l’anima alla gioia del Signore”.

La missione alle genti continua anche oggi

La Nota su alcuni aspetti dell’evangelizzazione” della Congregazione della Fede, voluta da Benedetto XVI e pubblicata il 3 dicembre 2007, festa del missionario per eccellenza San Francesco Saverio è un documento fondamentale, ma quasi ignorato anche dalla stampa cattolica e missionaria e andrebbe riscoperto.

Questo breve testo teologico-biblico, voluto e approvato dal Papa, nota una certa confusione di idee anche tra i credenti e cita alcune idee errate:

  1. “Ogni tentativo di convincere altri in questioni religiose è un limite posto alla libertà”.
  2. “Si dice che basta aiutare gli uomini a essere più uomini o più fedeli alla propria religione, basta che operino per la giustizia, la libertà, la pace, la solidarietà”;
  3. “Non si dovrebbe annunciare Cristo a chi non lo conosce, né favorire l’adesione alla Chiesa, poiché è possibile essere salvati anche se non si conosce Cristo”.

La Congregazione per la Fede afferma che la missione e ancora valida e risponde:

a) Tutti gli uomini hanno diritto di conoscere il Messia mandato da Dio per salvarci dal peccato e dalla morte eterna;

b) L’evangelizzazione non impone nulla, ma propone la fede in Cristo, lasciando liberi i singoli di accettare o rifiutare l’appello alla conversione.

c) La fede in Cristo investe tutta la persona e non solo l’intelligenza, ma la vita quotidiana, i sentimenti, le attività e i progetti. La fede cambia la vita e la migliora, cioè fa vivere meglio, dà una marcia in più, perché la presenza di Dio si sente e dà coraggio e amore a tutto il prossimo.

d) Le obiezioni alla missione alle genti sono espressioni «di quel relativismo che, non riconoscendo nulla come definitivo, lascia come ultima misura solo il proprio io con le sue voglie…Nel pensiero contemporaneo prevale l’idea che tutte le posizioni si equivalgono: è questo uno dei sintomi più diffusi della sfiducia nella verità, poiché si parte dal presupposto che essa si manifesta in modo uguale in dottrine diverse, persino contraddittorie tra di loro».

La “Nota dottrinale” è un testo che gli Istituti e i Centri missionari diocesani, l’animazione e la stampa, i gruppi e associazioni missionarie, dovrebbero conoscere e discutere per avere un preciso punto di riferimento nella temperie di secolarizzazione e relativismo, che rischia di farci perdere la bussola della retta via.

Nei “Messaggi per la Giornata missionaria mondiale”, Benedetto XVI insiste sul dovere e l’urgenza di annunziare Cristo a tutti i popoli, poichè avverte che il dovere stesso per la Chiesa di annunziare Cristo ai non cristiani è meno sentito, ha perso forza e consensi, è contestato o rifiutato e ne riafferma la validità attuale.

Nel Messaggio del 2007 si legge: “Tutte le Chiese per tutto il mondo: questo il tema del prossima Giornata Missionaria Mondiale, che invita le Chiese locali di ogni Continente a una condivisa consapevolezza circa l’urgente necessità di rilanciare l’azione missionaria di fronte alle molteplici e gravi sfide del nostro tempo”.

Nel Messaggio per la Giornata missionaria 2012 Benedetto XVI scrive: “Il mandato missionario che Cristo ha affidato ai suoi discepoli deve essere impegno dell’intero popolo di Dio, vescovi, sacerdoti, diaconi, religiosi, religiose, laici. Anche oggi la missio ad gentes deve essere il costante orizzonte e il paradigma di ogni attività ecclesiale, perché l’identità stessa della Chiesa è costituita dalla fede nel mistero di Dio, che si è rivelato in Cristo per portarci alla salvezza, e dalla missione di testimoniarlo e annunziarlo al mondo, fino al suo ritorno”.

La crisi della fede porta alla crisi della missione alle genti, che ha oscurato o perso la sua identità e il suo valore. Il missionario lascia la sua patria e va tra i popoli non cristiani per annunziare il Salvatore di tutti gli uomini e testimoniarlo con la carità e una vita secondo il Vangelo. Invece, nella stampa missionaria, animazione e campagne d’opinione, si tende a privilegiare l’opera sociale e culturale del missionario, oscurando o quasi tacendo il vero scopo della missione, quello religioso.Per cui, in genere nell’opinione pubblica, il missionario appare spesso come un operatore sociale, un sindacalista che protesta e denunzia i mali della società.

L’Africa continente della speranza per la Chiesa

Papa Benedetto ha fatto due viaggi in Africa, che si possono definire “i viaggi della Speranza”: il primo in Camerun e Angola (17-23 marzo 2009), il secondo in Benin (18-20 novembre 2011).

1) Nel suo primo discorso in terra africana ai vescovi del Camerun (18 marzo 2009) ha subito esortato alla missione: “In questo anno consacrato a san Paolo – ha detto – è opportuno ricordarci l’urgente necessità di annunciare il Vangelo a tutti. Questo mandato, che la Chiesa ha ricevuto da Cristo rimane una priorità, giacché numerose sono ancora le persone che attendono il messaggio di speranza e di amore…. Con voi dunque, cari Fratelli, sono le vostre comunità diocesane tutte intere ad essere inviate per rendere testimonianza del Vangelo… I Pastori devono essere essi stessi, prima di tutto, annunciatori della fede per condurre a Cristo nuovi discepoli. L’annuncio del Vangelo è proprio del Vescovo che, come san Paolo, può così proclamare : «Annunciare il Vangelo non è per me un vanto, perchè è una necessità che mi si impone : guai a me se non annunciassi il Vangelo» (1 Co 9, 16)”.

Il Papa parlava parlava a tutta l’Africa cristiana e le sue prime parole ai vescovi esortano a portare il Vangelo a tutti gli africani. Con tutte le gravissime difficoltà che incontra l’Africa, per avviare un adeguato sviluppo economico-sociale-politico e assicurare alle sue genti un livello di vita degno dell’uomo, il Papa parla anzitutto del dovere di annunziare il Vangelo. E questo perché il Papa crede, come sperimentano i missionari, che Gesù Cristo e il Vangelo sono il valore umanizzante che la Chiesa deve trasmettere ai popoli e di cui i popoli africani hanno bisogno.

Però anche le giovani Chiese, nate dallo zelo dei missionari, hanno oggi la tendenza, dopo gli entusiasmi dei primi tempi, di rinchiudersi nel tranquillo possesso del gregge cristiano lasciato dai missionari. Questo compito è già così gravoso, che vescovi e preti non riescono più ad “annunziare Cristo ai non cristiani”. Il compito missionario, specie nelle regioni più povere e difficili, è spesso lasciato ai missionari stranieri e anche ai catechisti e alle comunità cristiane.

Benedetto XVI ha dato un orientamento missionario, come già aveva fatto Paolo VI, che nell’unico viaggio in Africa del 1969, in Uganda, aveva gridato: “Africani, voi siete i missionari di voi stessi!”. E nel 1990, Giovanni Paolo II aveva gridato con forza in Costa d’Avorio: “Soprattutto a voi, cattolici africani, è oggi affidato il compito prioritario di portare Cristo a tutti i popoli del vostro continente”. Appello poi rilanciato più volte nell’enciclica missionaria “Redemptoris Missio”.

Benedetto XVI continua su questa linea, che è rivoluzionaria rispetto alla situazione attuale nelle Chiese africane, anche se non mancano esempi diversi.

Il secondo viaggio africano in Benin (18-20 novembre 2011) è stato una boccata d’aria fresca nell’asfittica atmosfera di pessimismo che tutti respiriamo. Ha scelto il Benin perché ricorrevano i 150 anni di inizio della missione quando nel 1861 il padre Francesco Borghero della SMA (Società Missioni Africane di Lione) sbarcò nel territorio allora definito “La costa degli schiavi” e vi fondò la Chiesa.

In una delle sue lettere scriveva5: “Questo paese è caratterizzato dal culto del serpente, dalla barbarie del suo re e dalla schiavitù”. I primi cristiani erano schiavi africani liberati dai portoghesi in Brasile e venuti in Dahomey (il Benin attuale) per collaborare con Borghero. Nel 1900 i cattolici erano 7.500, oggi il Benin è per il 70% cristiano e i cattolici sono circa 4,1 su 8 milioni. Il Benin è uno dei migliori stati africani, come rispetto dei diritti dell’uomo e sviluppo economico-democratico.

Benedetto XVI andò in Benin per consegnare ai vescovi e alle Chiese africane il risultato del II Sinodo episcopale sull’Africa nell’ottobre 2009 a Roma (il primo nel maggio 1994 a Roma): l’esortazione apostolica “Africae Munus”, (“Il compito dell’Africa”), che ribalta la visione comune del continente nero, spesso presentato come una palla di piombo al piede, che ostacola lo sviluppo economicodel mondo. Il Papa dà un’altra visione che nobilita i popoli africani, riconoscendo i valori del loro spirito religioso e delle loro culture. Prima di tornare a Roma dichiarava: “Desidero incoraggiare l’intero continente ad essere sempre più sale della terra e luce del mondo. Ho l’intima convinzione che questa sia una terra di speranza”.Tornando a Roma in aereo dice ad un giornalista: “Questa freschezza della vita che c’è in Africa, questa gioventù piena di entusiasmo e di speranza, ma anche di umorismo e di allegria, ci mostra che c’è qui una riserva umana, una freschezza del senso religioso, una percezione della realtà nella sua totalità con Dio; non questa riduzione al positivismo, che restringe la nostra vita, la fa un po’ arida e spegne anche la speranza…. Un umanesimo fresco quello che si trova nell’anima giovane dell’Africa… qui c’è ancora una riserva di vita e di vitalità per il futuro, sulla quale possiamo contare”.

Il dialogo con l’Islam fondato sulla ragione

Il 19 marzo Benedetto XVI 2009 ha incontrato nella Nunziatura di Yaoundé 22 rappresentanti dell’islam, che rappresenta il 20% della popolazione camerunese e il 5% di quella angolana e ha detto: Le religioni debbono collaborare perrendere manifesto il vasto potenziale della ragione umana, che è essa stessa un dono di Dio… Ciò che è ‘ragionevole’ va ben oltre ciò che la matematica può calcolare, la logica può dedurre e gli esperimenti scientifici possono dimostrare”. Il “ragionevole”, ha spiegato il Papa, “include anche la bontà e l’intrinseca attrattiva di un vivere onesto e secondo l’etica, manifestato a noi mediante lo stesso linguaggio della creazione”.

Questa visione della religione, ha aggiunto, “rifiuta tutte le forme di violenza e di totalitarismo: non solo per principi di fede, ma anche in base alla retta ragione. In realtà, religione e ragione si sostengono a vicenda, dal momento che la religione è purificata e strutturata dalla ragione e il pieno potenziale della ragione viene liberato mediante la rivelazione e la fede”. Il Pontefice ha concluso il suo discorso auspicando che “l’entusiastica cooperazione tra musulmani, cattolici ed altri cristiani in Camerun sia per le altre Nazioni africane un faro luminoso sul potenziale enorme di un impegno interreligioso per la pace, la giustizia e il bene comune”.

Nel viaggio in Terrasanta come “pellegrino di pace” (8-15 maggio 2009), Papa Benedetto ha indicato con chiarezza come andare d’accordo fra i fedeli delle tre religioni monoteiste, ebrei, cristiani e musulmani. La chiave dell’andare d’accordo è appunto “appoggiare le posizioni realmente ragionevoli”. Papa Benedetto esortava al “dialogo” fra cristiani e musulmani. Non un “dialogo teologico”, ma un dialogo sui problemi dell’uomo e sulla pace, basato sulla ragionevolezza della fede religiosa. Perché “religione e ragione si sostengono a vicenda, dal momento che la religione è purificata e strutturata dalla ragione e il pieno potenziale della ragione viene liberato mediante la rivelazione e la fede”.

La religione è ragionevolmente contro la violenza. Questa visione della religione “rifiuta tutte le forme di violenza e di totalitarismo: non solo per principi di fede, ma anche in base alla retta ragione”. La ragione spinge a servire “il bene comune, a rispettare la dignità dell’uomo, che dà origine ai diritti umani universali”.

Nel discorso tenuto ai musulmani durante la visita alla Cupola della Roccia a Gerusalemme (12 maggio), ha parlato di ebrei, cristiani e musulmani che “adorano l’Unico Dio” e li ha esortati a credere “di essere essi stessi fondati su ed incamminati verso l’unità dell’intera famiglia umana… Marcati con l’indelebile immagine del divino, tutti sono chiamati a giocare un ruolo attivo nell’appianare le divisioni e nel promuovere la solidarietà. La ragione apre la mente per comprendere il destino comune della famiglia umana, mentre la libertà spinge ad accettare l’altro e a servirlo nella carità. L’amore per l’Unico Dio e la carità verso il prossimo diventano così il fulcro attorno al quale ruota tutto il resto. Questa è la ragione per la quale operiamo per salvaguardare i cuori umani dall’odio, dalla rabbia o dalla vendetta”.

1 Sulle “Radici cristiane dell’Europa” tre volumi:1) J. Ratzinger, Marcello Pera, “Senza radici – Europa, relativismo, cristianesimo, islam”, Mondadori 2004, pagg. 134. 2) J. Ratzinger, “Europa – I suoi fondamenti oggi e domani”, San Paolo 2004, pagg. 104. 3) J. Ratzinger, “L’Europa di Benedetto nella crisi delle culture – Introduzione di Marcello Pera”, Cantagalli, maggio 2005, pagg. 144.

2 Benedetto XVI, “Luce del mondo, Il Papa, la Chiesa e i segni dei tempi – Una conversazione con Peter Seewald”, Libreria Editrice Vaticana 2010, pag. 117.

3 J. Ratzinger, “Fede, verità, tolleranza”, Cantagalli, Siena 2003, pagg. 75, 87.

4 Si può ricordare un’altra iniziativa simile, la “Cattedra dei non credenti” del card. Carlo M. Martini negli anni Novanta , una delle iniziative più geniali e profetiche del suo episcopato a Milano. E la più recente “Lettera ai cercatori di Dio” che la CEI ha divulgato come sussidio per i non credenti.

5. F. Borghero, “Relation sur l’établissement des missions dans le Vicariat apostolique des Dahomey”, Karthala 1997, pag. 298.

Padre Gheddo su Radio Maria (2013)

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