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Piero Gheddo firma un volume nuovo nell’impostazione culturale che riflette tanta saggezza umana e cristiana (In “La Vita Cattolica” (Cremona) 12 febbraio 2009) di Angelo De Scaglio

     “In questo, Gheddo non appare affatto post – moderno: non è uomo di crisi, da rovelli insolubili, da interrogativi mai risolti, da eterne impasse. Sembra il nero che per primo cantò quello spiritual famoso sulla fede dei padri: “Se è stata buona per Mosè e per Pietro è buona anche per me…”. Semplicissimo? No. Piuttosto una lenta disciplina fondata con mitezza sull’insegnamento familiare e poi confermata nella vita, a dispetto di ogni contrarietà. E in tale evidente assenza di “modernità”, c’è addirittura il rischio che le parole di p. Piero risultino risorsa innovativa degli insicuri e dubbiosi figli del presente”.

     Sono parole della prefazione di Roberto Beretta al volume “ Ho tanta fiducia” , con questo sottotitolo che invita alla lettura, della sua originalità, “Ottant’anni in 80 domande al più famoso missionario d’Italia”, davvero necessario per comprendere appieno i contenuti di 230 pagine, che si caratterizzano come la sintesi di tanti progetti di vita, dalla parte di una “fede pensata e vissuta”, in una lettura attenta e coraggiosa dei giorni che sono nostri. Di p. Gheddo, in questi anni, abbiamo conosciuto tante “provocazioni”, affidati a libri che nessuno vorrebbe dimenticare.

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    “Ma intanto ha del prodigioso che Gheddo – continua Beretta – abbia attraversato alcuni degli episodi novecenteschi che peggio depongono per la fiducia nel genere umano, e per di più appartenendo ad una categoria – quella giornalistica – che spesso difende la propria funzione dietro un manto di cinismo e di desolante astensione morale, senza smarrire le sue convinzioni di bambino delle risaie, anzi approfondendole, grazie agli argomenti dell’adulto che ha uno sguardo privilegiato sul mondo del teologo che ha attraversato le attese e le crisi del Concilio e del suo lungo post , del Gheddo viaggiatore partecipe nei posti più ardui del pianeta”.

    I temi che rientrano nell’interesse specifico dell’autore appartengano a mondi diversi e vanno dalla politica alla società nel suo complesso, alla Chiesa, alla famiglia, alle religioni, ai poveri, alla missione, al futuro: impossibile fermarsi su tutto, però qualche riferimento è opportuno, proprio per dare l’immagine di un volume eccezionale, che potrà essere utile per chi deve proporre riflessioni ad altri e per chi vorrà meditare, in modo personale, sulle verità che sono la nostra storia. Così, di fronte al “futuro” che ci attende, p. Gheddo presenta una sua motivata analisi: “….Considero il male più grave per la società e soprattutto per i giovani, quella che è la radice di tutti i mali: abbiamo abbandonato Dio e ci troviamo soli. Oggi i giovani nascono e vivono in un clima di pessimismo, in una continua litania di lamenti, proteste e scioperi, con giornali e televisioni pieni di delitti, processi, rapine, furti, tangenti…. come possono concepire il futuro in senso positivo, se tutto quello che li circonda va in senso negativo?”.

     Di fonte a questa “cultura di morte” dominante la risposta di padre Gheddo è persuasiva: “… Abbiamo dimenticato Dio, fonte di ogni gioia e di ogni speranza… quanto più ci allontaniamo da Dio, tanto più la vita perde senso”.

    Anche nel capitolo che specificamente tratta dei poveri, padre Gheddo scrive cose che non ci possono lasciare tranquilli: “Lo sviluppo è un fatto non solo tecnico ed economico, ma parte anzitutto dalla cultura, dall’istruzione: è opera dell’uomo e non dei soldi, parte dall’uomo e non dalle macchine, nasce in un popolo attraverso l’educazione, la quale, però, è un processo lungo, paziente, e non si fa con interventi di emergenza, ma vivendo assieme ad un popolo. Noi occidentali facciamo pochissimo per l’educazione dei popoli poveri, anche perché non si parla mai di valori culturali e religiosi che portano allo sviluppo. E’ un tema ignorato dai mass-media e dagli “esperti” occidentali, che privilegiano gli aiuti economici e tecnici”.

     Aveva ragione Indro Montanelli, quando scriveva nella prefazione al volume “Missionario un pensiero al giorno” di padre Gheddo (1997), questa riflessione: “Se gli uomini di prima linea non raccontano la propria epopea, essa rimane nota solo al Cielo; ma non evangelizza. Piero Gheddo l’ha capito”.

Recensione di Ho tanta fiducia (libro di Padre Gheddo 2009)

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