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L’appello del “Mea culpa” che Giovanni Paolo II fece in occasione del Giubileo del 2000 chiedendo perdono, a nome della Chiesa cattolica e in genere di tutti i cristiani, per non aver saputo presentare il Vangelo, cioè la legge dell’amore, nella vita dei popoli cristiani, ebbe in quell’anno un’ampia eco nel mondo intero. In Australia, la Conferenza episcopale pubblicò una breve ma significativa lettera che ricordava le colpe dei cristiani nella vita personale e familiare, ma anche nella società e nello Stato, soprattutto verso i più poveri e discriminati fra gli australiani. I cosiddetti “aborigeni”, che oggi sono circa mezzo milione su 23 di australiani, ma alla fine del 1700 si è calcolato che fossero circa due milioni di individui.

   Tutti i regni e gli imperi umani sono stati costruiti sull’oppressione e sul sangue degli ultimi. In Australia, i 1.030 “invasori” inglesi che il 28 gennaio 1788 sbarcarono da 11 vascelli per iniziare ad occupare e colonizzare quel “mondo nuovo”, vennero presto in contatto con i primitivi abitatori di quelle terre, gente che viveva ancora nell’epoca preistorica dell’umanità. Così ebbe inizio un lungo periodo storico nel quale gli “emigrati”, prelevati forzosamente dalle galere britanniche e tra le classi più umili e povere del popolo inglese, venivano mandati dal governo di Londra a popolare la colonia australe (all’inizio l’Australia era una colonia penale).

     In quel tempo nelle classi evolute d’Europa si discuteva ancora se i primitivi abitatori delle foreste, che le potenze europee andavano scoprendo e avvicinando in Australia come nelle Americhe, avevano un’anima umana come quella degli europei oppure, come dicevano alcuni pensatori, “solo un’anima silvestre”: erano, insomma, “homines silviculi”, non uomini come i bianchi, ma “uomini della foresta”, una categoria inferiore di creature, a metà strada tra gli uomini redenti da Cristo e gli animali selvatici. Gli stessi “illuministi” del 1700 non avevano idee chiare su questo punto. Basta dire che il grande Voltaire (1694-1778), punta di diamante del pensiero illuminista, impegnava i suoi soldi in una società che trasportava gli schiavi neri dall’Africa alle Americhe.

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     Anche in Australia, quei cristiani inglesi adottarono il “metodo” più facile per entrare in contatto con i primitivi abitanti dell’Australia: lo sterminio degli adulti e la “deportazione” dei bambini strappandoli ai loro genitori e inserendoli forzosamente nella società occidentale, cioè in orfanotrofi statali o religiosi, che tentavano di farne dei perfetti anglosassoni, cancellandone le radici ed eredità culturali. Dopo molte altre correzioni della rotta iniziale, solo nel 1975 il “Racial Discrimination Act” ha posto fine a molte infamie simili ed ha fatto iniziare alla società australiana un cammino contro corrente, che ha portato all’istituzione dell’annuale “Sorry Day” (il giorno del rammarico), che si celebra ogni anno. Oggi il popolo e il governo australiano riconoscono i diritti degli aborigeni, ma quel periodo storico di come è iniziata la colonizzazione dell’Australia non può essere cancellato.

In contrasto con la cultura dominante in Europa, i Pontefici romani e i missionari affermavano chiaramente la natura umana di indios americani, neri africani e aborigeni australiani, che andavano trattati da uomini diversi da noi, ma anch’essi facenti parte del genere umano e redenti da Cristo. Ecco perché, anche in Australia, come in altre parti del mondo colonizzato, i missionari che andavano al seguito dei colonizzatori, specialmente quelli come il trentino padre Angelo Confalonieri che erano animati da una forte fede in Cristo e dall’autentica passione missionaria, si distinguevano dagli altri bianchi e sono stati primi a prendere un contatto umano con gli aborigeni, imparando la loro lingua, ambientandosi nella loro cultura e costumi e poi, con l’andare del tempo e la crescita della missione, educandoli col Vangelo a prendere coscienza dei loro diritti di creature di Dio e di farli valere, inserendoli nel mondo moderno in modo graduale e senza perdere i loro valori ancestrali.
Prefazione di Padre Gheddo al libro di Rolando Pizzini “Nel tempo del sogno”

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